mercoledì 31 dicembre 2008

il 2008 - l'anno indimenticabile per la sinistra italiana





































L’anno della sinistra



Il 2008 tra gaffe, autogol politici e questioni morali

Si chiude un anno che verrà ricordato da storici e politologi come l’anno della definitiva consacrazione di Berlusconi, giunta all’unisono del tracollo delle sinistre. Quelle più critiche, spazzate fuori dall’assetto parlamentare, e quelle riformiste, pesantemente sconfitte e ridimesionate. Un 2008 che verrà ricordato per la vittoria di Obama negli Usa, ma per la sconfitta subita dal Pd a Roma e in Abruzzo. Recita il proverbio: anno bisesto anno funesto. Per la sinistra italiana questo adagio calza a pennello. Ripercorriamo allora il 2008 mese per mese.


Gennaio l’anno si apre con la grana Napoli. La spazzatura continua a riempire, oltre alle strade della città partenopea, anche le prime pagine di tutti i giornali del mondo. Mentre bande organizzate assaltano gli autobus colmi di immondizia e lanciano molotov contro la polizia, Prodi annuncia trionfante di come, grazie a lui, l’Italia abbia superato la Spagna. Ma intanto la tensione in Campania cresce ogni giorno di più fin quando il governo si vede costretto a inviare l’esercito. A metà gennaio prima tegola contro Veltroni, rimproverato duramente dal Papa per le aree di gravissimo degrado in cui versano le periferie di Roma. Qualche giorno prima i duri e puri della sinistra mangiapreti avevano di fatto impedito la visita del Santo Padre all’università La Sapienza di Roma. Che il Papa si sia voluto togliere qualche sassolino dalla scarpa? Il 17 gennaio è il Guardasigilli Clemente Mastella finisce sotto inchiesta, mentre la moglie Sandra, presidente del consiglio regionale campano, viene messa ai domiciliari. E’ l’inizio della fine perché una settimana più tardi il governo verrà sfiduciato dal Senato per far cadere definitivamente il tribolato governo Prodi.


Febbraio Salta l’ipotesi di un governo tecnico guidato da Franco Marini e mentre il Cavaliere spinge per la chiamata alle urne, Veltroni si dipinge forte e dichiara: “Silvio crede di vincere? Al suo posto non sarei così sicuro, il centrodestra ha l’ansia delle urne ma non vincerà”. Sappiamo tutti come è andata a finire. E’ in questi giorni che Veltroni decide che correrà da solo. Solo ma non troppo, visto che il giorno di San Valentino trova l’accordo con Di Pietro. Considerato che in politica la coerenza è una virtù, ecco arrivare una settimana dopo l’accordo con i Radicali. Oramai il clima da campagna elettorale fa circolare tanta adrenalina, sarà per questo che Veltroni annuncia: “Io come Obama, posso farcela”.



Marzo E’ il mese della campagna elettorale. Prodi è sparito e affiancherà Veltroni sono in un paio di occasioni. A Bologna il professore sale sul palco quando i tg della sera sono ormai andati in onda. Questo per capire quale sia il clima tra i due. Il leader del Pd cerca di apparire altro da chi lo ha preceduto e invita Bassolino a dimettersi. Bassolino ascolta ed ancora oggi siede alla guida della regione Campania. Ma intanto in Spagna Zapatero trionfa e Walter può esclamare: “ l’aria sta cambiando”.


Aprile. Tra le tante dichiarazioni dei tanti carneadi candidati dalla dirigenza Pd, quella che più imbarazza Veltroni non è il “sono totalmente inesperta” candidamente annunciato dalla ventisettenne capolista alla Camera Marianna Madia, ma quelle del generale Mauro Del Vecchio candidato al senato che si esprime in maniera netta contro la presenza di gay nell’esercito ed è a favore dell’apertura di bordelli per i militari in missione all’estero. Le polemiche sollevate da avversari, associazioni gay e compagnia cantando ovviamente non tardano ad arrivare. E’ il preludio alla disfatta del tredici aprile quando Veltroni tornerà ad assaporare la realtà delle urne e dei numeri: il centrodestra stravince. Due settimane dopo la sconfitta sarà totale perché Rutelli non riesce ad avere la meglio su Alemanno nella corsa per Roma, da sempre storico feudo Ds. Una sconfitta inattesa, che colpisce in pieno il modello veltroniano di cui Rutelli voleva farsi prosecutore. E’ il crollo. In pratica l’inizio della fine di questa sinistra riformista. Qualcosa non deve essere andato per il verso giusto se il Pd non è riuscito ad ottenere più della mera somma aritmetica tra Margherita e Ds.



Maggio : E’ tempo di leccarsi le ferite. Ma soprattutto di elaborare una seria analisi politica della sconfitta. Ma in casa Pd anche l’aritmetica è una opinione, Veltroni infatti avverte Berlusconi d come il 47% degli italiani non abbia votato per lui, trascurando il dato storico di un Berlusconi che ha ottenuto “ la più schiacciante maggioranza dal dopoguerra ad oggi, ottenendo quattro milioni di voti in più”, per citare le parole del vicedirettore di Repubblica. Basta questa uscita per far capire quanto l’ex sindaco della capitale non abbia più di tanto voglia di fare autocritica. Perché come lui stesso ammetterà dalle colonne proprio di Repubblica, “ la sconfitta c’è stata per la corsa al governo del paese, ma se guardiamo alla costruzione di una grande forza riformista allora non si può proprio parlare di sconfitta”. Intanto fonda il governo ombra, mutuando, se non copiando, l’esperienza anglosassone dello shadow gabinet. Maggio termina con l’ennesimo autogol da parte della sinistra tutta. A Roma nel periferico quartiere del Pigneto un gruppo di esagitati assale e sfonda le vetrine di una frutteria gestita da immigrati. Tutta la stampa progressista urlerà alla aggressione fascista, salvo scoprire qualche giorno più tardi che uno degli aggressori è un simpatizzante della sinistra e mostra orgogliosamente un tatuaggio del Che a telecamere e microfoni. Il miglior modo per salutare la primavera.



Giugno Finalmente la sinistra torna a sorridere. Anche se per farlo deve smettere di guardare in casa e porgere lo sguardo oltreoceano. Obama è il candidato democratico che dovrà sfidare il repubblicano Mc Cain. Intanto si riunisce l’assemblea costituente del Pd, all’interno della quale cominciano ad apparire le prime divisioni interne al partito, la leadership di Veltroni c’è ma non è più così forte. In questo clima D’Alema presenta Red, la fondazione che fa capo a lui che però tranquillizza tutti :“non romperemo le scatole a Veltroni e non sarà una corrente”. Ma intanto dal cinema Farnese di Roma parte il tesseramento. Ospite di una trasmissione televisiva Antonio Di Pietro da del magnaccia a Berlusconi e annuncia: l’8 luglio tutti in piazza.

Luglio Niente manifestazioni gratis del Pd. Walter è chiaro: non andrà in piazza Navona l’8 luglio. E annuncia la raccolta di cinque milioni di firme contro il governo, firme di cui poi si perderanno le tracce. A piazza Navona va in scena l’atto iniziale di quello che sarà il continuo attrito tra Di Pietro e il Pd. Sul palco della piazza sale Beppe Grillo e insulta, arriva Sabina Guzzanti e insulta. Il Pd assiste imbarazzato e il giornale di casa, l’Unità, arriva a bacchettare Di Pietro. Da li a pochi giorni si avrà la rottura con Di Pietro. I toni da lui usati in piazza sono troppo. Veltroni, oltre a perdere la pazienza verso lo scomodo alleato, vede perdere anche il governatore dell’Abbruzzo Ottaviano Del Turco che finisce dietro le sbarre con l’accusa di corruzione. E’ l’inizio della questione morale. Ma che importa, tanto pochi giorni dopo Obama arriva a Berlino e fa il pieno in piazza. Ma di venire a Roma non ci pensa nemmeno. Agosto. Mese di annunci e di vacanze. Veltroni vara la sua tv, Youdem,e la presenta alla stampa giusto qualche giorno prima della Red tv di D’Alema. Almeno in questo Veltroni cerca di arrivare prima del suo eterno rivale. Il suo canale satellitare nascerà il 14 ottobre, ma, in pieno stile veltroniano, l’annuncio viene fatto molto prima. Nel frattempo Cacciari e Parisi cominciano a manifestare apertamente il loro dissenso nei confronti del Pd. Cambia la guida del giornale di casa, l’Unità passa a Concita de Gregorio. Da grande giornale della sinistra diventa un piccolo tabloid per i riformisti. La sostanza però non cambia.



Settembre inizia come era finito Agosto. Con Cacciari che chiede subito il congresso. Tutta la sinistra si prepara in questi giorni a vivere i due mesi più caldi dell’anno. All’orizzonte c’è la riforma della scuola auspicata dal ministro Gelmini con il movimento studentesco dell’Onda pronto a scendere in strada. Intanto arriva il si dei sindacati all’accordo con la Cai e Veltroni, che durante i giorni caldi della trattativa è a New York per presentare il suo libro, al suo ritorno in Italia afferma soddisfatto: “se la trattativa si è conclusa è merito nostro”.



Ottobre parte l’autunno caldo che darà una boccata di ossigeno al Partito Democratico. Dei dodici mesi appena trascorsi di certo Ottobre è stato quello del leone. Grazie al mondo della scuola, all’onda studentesca, ai sindacati e al mondo dell’università e alle duecentomila persone confluite al Circo Massimo aumenta il consenso del Pd. Il Pd c’è, è rinato. E il governo, per la prima volta dopo mesi, vede calare, seppur di qualche punto, il proprio consenso. Ma l’onda favorevole cesserà subito, non prima di aver visto però trionfare Obama in America


Novembre E’il mese di Barack Obama e quindi, per un semplice sillogismo tanto caro ai riformisti, è il mese di Veltroni. Ma è anche il mese di Riccardo Villari. Vince Obama e il Pd saluta il nuovo messia con feste e brindisi. Sarcastico il commento di Cossiga: “ complimenti a Veltroni e al suo Pd che hanno contribuito in maniera decisiva alla vittoria del candidato democratico”. In fondo, come ironizzerà qualcuno, le prossime elezioni amministrative in Abruzzo sono a rischio, ma l’Ohio è conquistato. A molti questo festeggiare per le altrui vittorie appare come un provincialismo sinonimo di poco spessore, ad altri la disperata rincorsa di Veltroni di appropriarsi di un marchio culturale e politico altro, che non provenga né dalla tradizione socialista né da quella comunista, appunto un logo democratico che risponda al motto yes we can. Peccato che per Veltroni lo slogan più azzeccato sia : No, I can’t. Intanto la piazza scalpita e l’universo studentesco, con i sindacati alle spalle, mette a dura prova l’esecutivo. A rimettere la palla al centro e a far capire lo spessore del Pd ci si mette quel carneade di Riccardo Villari, deputato democratico, che si fa eleggere Presidente della Commissione vigilanza Rai contro il parere di Veltroni e con il favore del Pdl. Veltroni proverà in tutti i modi a far dimettere Villari, non riuscendoci alla fine è obbligato ad espellere il dissidente dal partito. Ma la figuraccia nazionale è fatta. E l’indice di gradimento per il Pd torna sotto il 30%. Arrivano i primi segnali di quella che dai giornali tutti verrà battezzata come “la questione morale” interna al Pd e che proseguirà per tutto il mese di dicembre.


Dicembre scoppia la bomba. Giudiziaria e politica. Cominciamo dalla prima. Una serie di arresti nei confronti di amministratori locali coinvolge il Pd. A Napoli vengono messi sotto inchiesta quattro assessori, a Pescara il sindaco passa una settimana ai domiciliari, entra in crisi la giunta regionale in Basilicata e in Sardegna il governatore Renato Soru si dimette dalla guida della regione, si aprono le indagine sugli appalti dell’imprenditore napoletano Romeo, il quale avrebbe goduto di corsie preferenziali, da parte di giunte di sinistra, per l’assegnazione di appalti. Nel frattempo Cacciari e Chiamparino chiedono il Pd del nord, il Partito Democratico non entra ufficialmente nel Partito socialista europeo onde evitare mal di pancia al duo Binetti Rutelli, dulcis in fundo, in una fredda domenica, il sindaco di Firenze Dominici si incatena di fronte la sede dell’Espresso, per protestare contro il settimanale, reo, secondo il primo cittadino fiorentino, di aver trattato male gli esponenti della sua giunta finiti nel mirino di alcune inchieste. Nel frattempo l’Abruzzo è perso, e le urne sottolineano il crollo del Pd e la crescita dell’Italia dei Valori. Veltroni tiene la barra dritta e afferma: “la questione morale esiste”. E mentre lo dice il figlio di Antonio Di Pietro, consigliere provinciale in Molise, si dimette perché finito nel giro delle intercettazioni telefoniche. La vera ciliegina sulla torta di un anno indimenticabile. Una cosa è certa, il popolo di sinistra non si è certamente annoiato.

Quali conclusioni trarre? C’è la consapevolezze che fino ad oggi, da parte del leader Pd, resti una irriducibile negazione degli errori commessi. Come dire: gli italiani popolo bue hanno votato per Berlusconi non perché io non mi sono spiegato, ma perché loro non mi hanno capito. L’anno si chiude e constatiamo come a sinistra poco sia cambiato: il riflesso di una vecchia tradizione comunista che colpisce anche chi comunista dice di non esserlo mai stato. Come diceva Bertold Brecht: “ il popolo ha chiesto al comitato centrale di cambiare le sue decisioni, il comitato centrale ha deciso di cambiare popolo”.

venerdì 5 dicembre 2008

CORSIE PREFERENZIALI CONTROLLATE DALL'8 AL 14 DIC


Di seguito si elencano le corsie che saranno presidiate dal personale ausiliario del traffico di Trambus S.p.A. e Tevere TPL nel periodo che va da lunedì 8 Dicembre a domenica 14 Dicembre.
1- Via del Tritone 2- Via del Traforo 3- Via di torre Argentina 4- Via Piave 5- Via Cernaia 6- Via Gioberti 7- Via La Spezia 8- Via Nizza 9- P.za della Marina 10- P.te Matteotti 11- Via dello scalo di San Lorenzo 12- Viale Regina Margherita 13- Via Liegi 14- Via di Portonaccio 15- Via Tiburtina
Nel periodo in questione il personale ausiliario del traffico sarà prevalentemente impiegato nel controllo della regolarità delle linee 100 e 101, facenti parte del progetto Natale “shopping”.


Elenco corsie dove si concentrerà principalmente l'attività degli Ausiliari di TEVERE TPL:
1- Via Cassia 2- Via Baldo degli Ubaldi 162/286 3- Viale Tirreno / Via Val di Cogne 4- Via Carnaro / Via Gargano 5- C.ne Cornelia 6- Via Palmiro Togliatti 7- V.le delle Terme di Caracalla 8- Via dei Colli Portuensi 9- Via Aurelia, 397 10- V.le Beethoven 11- Via Gregorio VII° / P.le Gregorio VII° 12- Largo Colli Albani 13- Largo dell’Amba Aradam 14- Via Scribonio Curione 15- Via Santamaria di Cosmedin 16- Via di Valle Melaina 17- Via dei Monti Primavalle
Per ragioni strettamente connesse al servizio pubblico di trasporto, o per ragioni di particolare urgenza e gravità, le aziende si riservano la possibilità che gli ausiliari possano sorvegliare e/o intervenire anche in altre corsie non citate.

lunedì 1 dicembre 2008

Il doppio significato su 40 euro


Da due giorni Sky Tg 24 conduce una martellante campagna contro l'intenzione del governo di aumentare dal 10 al 20 per cento l'iva sugli abbonamenti alla tv satellitare. Lo si può capire, nessuna azienda festeggia l'aggravio di tasse sui suoi prodotti, anche se il tono con cui Tom Mockridge conduce la sua battaglia sembra un po' troppo stentoreo e minaccioso.


Sky ha comunque buone ragioni da accampare: le aziende che operano sul fronte delle tecnologie avanzate andrebbero alleviate di tasse e balzelli perchè sono all'avanguardia nel produrre sviluppo e occupazione. E sebbene Sky goda operi da anni in condizione di sostanziale monopolio si è dimostata in grado di crescere oltre ogni previsione. Non fosse per il fatto che il governo è costretto a raschiare il fondo del barile, verrebbe da dire che quelle risorse sarebbe meglio trovarle altrove.


Quello che invece stupisce fino ad essere esilarante è il fatto che il Tg3 batta sulla stessa notizia con foga addirittura maggiore della stessa Sky: l'aumento dell'Iva per le famiglie "parabolate" è diventato una specie di ossessione per l'ex TeleKabul e poi a ricasco per tutta la sinistra.
Il Pd veltroniano ne ha fatto subito la sua nuova crociata: "giù le mani dagli abbonati Sky", in nome ovviamente del mai sepolto conflitto di interessi (anche se l'aumento riguarda pure Mediaset) e con la la pretesa di dimostrare che il governo che doveva abbassare le tasse invece le aumenta. Come se la pay-tv fosse un bene di prima necessità di cui nessuno può fare a meno.
Ma la cosa più incredibile è che questa difesa in armi di 4 milioni di famiglie che si troveranno 4 euro in più al mese sul conto televisivo arriva dopo settimane in cui, Tg3, l'Unità, e di nuovo tutti i vertici del Pd hanno sputato contro i 40 euro al mese che il governo intende dare alle famiglie più povere. Quei 40 euro per Veltroni & Co. sono una vergognosa elemosina, una carità pelosa, un ricordo osceno delle vecchie tessere annonarie di mussoliniana memoria. Invece 4 euro in più alle famiglie munite di parabola e magari di schermo al plasma sono un ignominioso salasso, un tradimento delle promesse elettorali.


Ovviamente la sinistra fa i conti con le proprie tasche prima che con quelle dei cittadini: 40 euro, per chi ci compra due etti di pata negra nella boutique alimentare sotto casa al centro di Roma o Milano, sono in effetti "un elemosina". E non si pensa che con quei 40 euro in un discount di periferia ci si riempie il carrello. Mentre aumentare l'Iva a Sky (e a Mediaset) non è un modo come un altro per finanziare quel genere di misure, ma solo e sempre la vendetta del Caimano.


(da loccidentale.it - l'uovo di giornata)

venerdì 28 novembre 2008

CORSIE PREFERENZIALI A ROMA PRESIDIATE DA AUSILIARI MULTACRISTIANI

Oggetto: Corsie preferenziali presidiate dagli ausiliari del traffico
L'elenco da lunedi 1° Dicembre a domenica 7 Dicembre.
Di seguito si elencano le corsie che saranno presidiate dal personale ausiliario del traffico di Trambus S.p.A. e Tevere TPL nel periodo che va da lunedì 1° Dicembre a domenica 7 Dicembre.

Elenco corsie dove si concentrerà principalmente l'attività degli Ausiliari di TRAMBUS 1- Via del Tritone 2- Via del Traforo 3- Via di torre Argentina 4- Via Piave 5- Via Cernaia 6- Via Gioberti 7- Via La Spezia 8- Via Nizza 9- P.za della Marina 10- P.te Matteotti 11- Via dello scalo di San Lorenzo 12- Viale Regina Margherita 13- Via Liegi 14- Via di Portonaccio 15- Via Tiburtina
Elenco corsie dove si concentrerà principalmente l'attività degli Ausiliari di TEVERE TPL 1- Via Cassia 2- Via Baldo degli Ubaldi, 286 3- Viale Tirreno / Via Val di Cogne 4- Via Carnaro / Via Gargano 5- C.ne Cornelia 6- Via Palmiro Togliatti 7- Terme di Caracalla 8- Via Porta Cavalleggeri 9- Via Aurelia, 397 10- Via Vigna Murata

Per ragioni strettamente connesse al servizio pubblico di trasporto, o per ragioni di particolare urgenza e gravità, le aziende si riservano la possibilità che gli ausiliari possano sorvegliare e/o intervenire anche in altre corsie non citate.

lunedì 24 novembre 2008

I PRIMI SEI MESI DI ALEMANNO





La Giunta Alemanno compie sei mesi. Certamente è troppo presto per stilare qualunque bilancio ed è francamente un po’ forzato sostenere, come ha fatto Francesco Rutelli, che a proposito della viabilità i romani possano già pensare: “la situazione è molto peggiorata”. Per di più, basando queste affermazioni su un presunto sondaggio. Rutelli avrebbe potuto limitarsi a esprimere la sua personale e legittima “impressione”, senza nobilitarla con dati demoscopici. Tuttavia, è passato un periodo adeguato per poter azzardare un giudizio, quantomeno sul metodo scelto dal nuovo Sindaco.



Nelle prime settimane dopo la sorprendente vittoria Alemanno si è reso protagonista di una serie di polemiche, interessanti e utili forse dal punto di vista culturale e politico, ma inefficaci a trovare soluzioni agli annosi problemi che assillano la Capitale. Evidentemente non è stato tempestivo lanciare l’idea di dedicare una strada a Giorgio Almirante. Non che la toponomastica cittadina non meriti considerazione. Ma prima occorreva occuparsi di “compensare” l’ubicazione delle strade esistenti. In altre parole ha indiscutibilmente senso aver dedicato una strada storica come la Via del Mare a un sindaco memorabile come Luigi Petroselli; probabilmente però è giunto il momento di onorare adeguatamente anche un padre della Patria come Alcide De Gasperi. Per chi non lo sapesse, supponiamo quasi tutti, al grande statista è dedicata un’anonima strada vicino alla stazione San Pietro. Suscitare un dibattito su questo sarebbe lodevole. Alzare un inutile polverone su Almirante no.



La lunga querelle sulla cosiddetta Commissione Attali, con tre mesi di tira e molla sulla presidenza poi sfumata di Giuliano Amato, poteva essere evitata. Anche perché la Commissione originale, quella francese, in un tempo doppio è stata capace di stilare un centinaio di proposte legislative, sulle quali il governo francese sta basando la sua azione. Quella romana produrrà i primi risultati, si dice, per la primavera prossima. Li attendiamo fiduciosi.



Un ambito al quale Alemanno appena eletto ha ritenuto di doversi dedicare è quello che, a detta di molti, ne ha determinato la vittoria: la sicurezza. Sono note le misure adottate di concerto con il ministro Maroni per aumentare il numero di agenti su strade e coadiuvarne l’azione con il contributo delle Forze Armate. Bene. Per ora la misura più efficace, posto che il problema fosse di primaria importanza, è stata quella sulla prostituzione di strada. Le strade sulle quali le ragazze, a volte minorenni, si offrivano sono state “bonificate”. Pare che i cittadini romani oggi si sentano più sicuri. E forse è vero. Vedremo se le statistiche sui reati confermeranno quest’impressione e daranno ragione al Sindaco.



Importante è stato il blocco del parcheggio del Pincio. Manca però a tutt’oggi un piano strategico su tutta la gestione delle soste nel centro storico e la dimostrazione si è avuta sulle cosiddette strisce blu, i parcheggi a pagamento. La questione è stata gestita in modo pasticciato e improvvisato e attende ancora una soluzione convincente e realmente alternativa allo status quo ante.



Un’altra questione che desta qualche preoccupazione è la revisione del Piano Regolatore, licenziato in exstremis da Veltroni prima di dimettersi. Sarebbe stata auspicabile una riduzione delle aree edificabili, o comunque una migliore distribuzione urbanistica. Per ora, con l’alibi dell’emergenza abitativa, si annuncia un aumento, anche se il Sindaco ha assicurato di giocarsi la faccia sul fatto che “nessun area autenticamente agricola o che abbia una valenza ambientale appartenente all'Agro romano sara' compromessa”.



Ci sono molti altri settori sui quali Alemanno e la sua Giunta sono sembrati finora piuttosto incerti. Se Veltroni, per esempio, dedicava al tema del traffico un’attenzione limitata e insufficiente, non sembra che Alemanno abbia trovato ancora misure adeguate a sciogliere il costante ingorgo al quale è condannata la città. Eppure qualcosina si poteva già fare, quantomeno annunciare. Per esempio una più serrata lotta alle seconde file, vero cancro per la viabilità. Oggi, è vero, si vedono più vigili su strada. Ma, senza precise direttive, questo aumento rischia di vivacizzare il “dibattito” tra gli agenti della polizia municipale e di non migliorare in nulla la viabilità.



Un’azione a costo zero, o quasi, sarebbe l’istituzione di una Commissione per l’arredo urbano, ovviamente composta da personaggi indiscutibilmente autorevoli. Nel giro di qualche anno si potrebbe restituire a Roma la sua identità, sfregiata e quasi irrimediabilmente compromessa dalla zelante attività del periodo veltroniano.



Oppure, è urgente una profonda revisione degli orari del carico e scarico delle merci. A questo proposito anche un qualificato commentatore come Ernesto Galli della Loggia ha manifestato una posizione netta e del tutto simile a quella da noi espressa in tempi di veltronismo montante. Eppure anche lui, nonostante la sua autorevolezza, non ha per ora ricevuto una risposta adeguata.



E ancora, speriamo che il Sindaco dia seguito all’annuncio di abolire gli assurdi Jumbo bus. Lo proponemmo più di un anno fa e siamo stati piacevolmente colpiti dal fatto che la nostra proposta sia stata accolta. La revisione dell’intera flotta dell’Atac è una delle priorità assolute per sciogliere il nodo della mobilità. Confidiamo che a breve si possa conoscere la strategia dell’Assessore Marchi e dell’azienda di trasporto pubblico. Suggeriremmo di riprendere in mano l’ottima Relazione del 2007 dell’Autorità di Controllo dei servizi pubblici locali: lì sono contenute importanti indicazioni di riforma.



Altra iniziativa lodevole è stata certamente il blocco del maxi appalto sulla manutenzione delle strade lasciato in eredità da Veltroni. Anche in questo caso, però, alla pars destruens deve seguire un’adeguata alternativa, altrimenti per far meglio si rischia di far peggio.



Alemanno tempo fa ha dichiarato: “E’ finita la fase di rodaggio”. Ce lo auguriamo. E ci auguriamo che la sua Giunta prenderà meglio le misure del governo della città. Per ora l’unico settore sul quale, al di là del merito, pare esserci una strategia è quello della Cultura. Umberto Croppi una sua idea di politiche culturali ce l’ha.




A volte fatica ad attuarla, frenato dalle vecchie logiche che animano il centrodestra romano e i suoi esponenti. Il successo del Festival del Cinema è prova di come si possa cambiare senza stravolgere. Ecco, se gli altri assessori si conformassero al modo di operare e all’autonomia di Croppi, evitando di dover marcare una discontinuità fatta di slogan ma priva di un metodo amministrativo nuovo, forse tutto sarebbe più semplice.




Speriamo che il Sindaco sappia dare istruzioni precise in questo senso e sappia, se necessario, fare qualche ritocco alla sua compagine. Ormai, o si fa sul serio o si rischia di far rimpiangere presto il Grande bluff veltroniano. Sindaco, faccia in modo che non succeda.

lunedì 17 novembre 2008

LA BESTIA....


OGGI MI SENTO..... UNA BESTIA!!!!!!!!
FORZA ROMA. LA SALVEZZA E' VICINA!!

mercoledì 5 novembre 2008

COMICO ACCOSTARE VELTRONI A OBAMA


Credo che meritino di essere evidenziate le dichiarazioni rilasciate oggi all'Ansa da Massimo Cacciari. Personalmente le condivido: "Spero che nessuno sia così patetico da appropriarsi della vittoria di Obama. Spero che alcuni esponenti del nostro governo abbiano quel residuo senso del pudore di non dire che assomigliano a Barack. Ma neanche il Partito democratico ha niente a che fare con Obama. Quando vedro' il Pd rinnovarsi, non dico a livello di presidenti, ma di consiglieri comunali, con qualche quarantenne in piu', allora ne parleremo. Per quanta stima e affetto io abbia per Veltroni, e' comico metterlo accanto a un evento di questa portata epocale".

lunedì 3 novembre 2008

INTERNET E VIAGGI


Internet sbaraglia la concorrenza delle agenzie di viaggio, delle guide turistiche, delle riviste specializzate e del passaparola fra parenti e amici, quando si tratta di mettersi in viaggio. Secondo un sondaggio curato per il sito MenStyle.it dell'editrice CondèNet , infatti, ben il 71% degli interpellati risponde di documentarsi sul web, prima di scegliere la meta delle vacanze o di un viaggio.....

.... Soltanto il 26% chiede suggerimenti a un'agenzia di viaggio, mentre il 25% compra guide turistiche e riviste specializzate e il 18% si affida al passaparola sulle esperienze già vissute da parenti e amici. La scelta di Internet viene ritenuta valida anche per ottenere informazioni sul meteo, sugli alberghi, sulle caratteristiche del posto prescelto. Per gli italiani, i viaggi e le vacanze rappresentano «l'occasione per vivere nuove esperienze, per conoscere genti diverse e per assaporare emozioni sconosciute», opzioni scelte dal 56% degli intervistati. Quanto al luogo preferito per la vacanza estiva, il 54% indica il mare, il 33% le città d'arte, il 10% la montagna e il 3% il lago o la collina. Infine, il compagno di viaggio ideale: Angelina Jolie per gli uomini, George Clooney per le donne.

domenica 2 novembre 2008

TEMPI CUPI PER I LUPI


"Aridatece Carletto"... ( tifoso romanista dopo la sconfitta per 2 a 0 contro la Juve).

mercoledì 29 ottobre 2008

W I DECRETI LEGGE E VI SPIEGO PURE PERCHE'

Afferma Italo Bocchino, vicepresidente vicario dei deputati del Pdl: “la competitività di una democrazia sta nella velocità con cui si prendono le decisioni”. Domanda dalla risposta scontata: quanto è vitale la nostra democrazia se approvare una legge in media ci vogliono più di trecento giorni? Colpa del bicameralismo perfetto, il sistema che da stessi poteri a Camera e Senato, che allunga le procedure e ingolfa l'iter legislativo. Ogni disegno di legge deve passare prima nell'aula di Montecitorio e poi in quella di Palazzo Madama, ad ogni piccola modifica o correzione il giro si deve ripetere.
I tempi lumaca sono figli di questo sistema, che appare ogni giorno più anacronistico, obsoleto e incapace di guardare avanti, ai mutamenti in atto in ogni sfera e gradino della società. Si tratta di un handicap strutturale del Parlamento, quasi genetico, dettato dalla necessità di limare il potere di esecuzione del Governo attraverso il filtro parlamentare. Ma la realtà cambia, la società pone quesiti che richiedono risposte più veloci e la politica annaspa, infangata tra i rivoli delle aule. In questo fase storica i decreti diventano “un antidoto all’incertezza dei tempi di approvazione delle leggi”, come sostiene Maurizio Gasparri, presidente dei senatori Pdl. Il Governo non vuole sminuire il ruolo del Parlamento a suon di decreti, tantomeno scavalcarlo. Ma se i novecento quarantacinque parlamentari italiani , senatori a vita compresi, per approvare una legge impiegano in media più dieci mesi appare normale che, in materie urgenti, il decreto legge sia l’iter migliore da percorrere. Pensate alla situazione napoletana. Senza quel decreto legge ad hoc la città partenopea sarebbe ancora sommersa dai rifiuti. Potenza del “dl”. L’unica decisione da prendere che ha la data di scadenza. Sessanta giorni, tempo utile per convertirlo in legge. Non uno di più. Basta affacciarsi alla finestra, accostare le congiunture con gli accadimenti, per rendersi conto di come mai come adesso servano risposte veloci. Il mondo domanda ma la politica non risponde o se lo fa pare balbettare.
Ma se l’uomo non vive di solo pane, un esecutivo non può vivere di soli decreti legge. “I decreti legge sono i sintomi e non le cause del malessere. Il vero malessere sono i tempi di decisione del parlamento e del potere che il governo ha per influirvi” sostiene Elio Vito, ministro per i rapporti con il parlamento. Intervenuto anche lui al convegno organizzato dai gruppi parlamentari del Pdl sulla riforma dei regolamenti parlamentari. Nessuno vuole ripetere l’esperienza della XIII legislatura (1996 - 2001) quando per una legge urgente relativa al personale scolastico vennero impiegati più di mille giorni (1026 per essere precisi). Le Camere lavorano, da lunedì a venerdì, tra aula e commissioni, quindi non è certo responsabilità dei singoli senatori o dei singoli deputati se il processo è lento. E’ la piattaforma sulla quale svolgono il loro lavoro che necessita di un restyling. Non potendo esagerare con i voti di fiducia , rimangono due strade. La prima, le forze politiche tutte cominciano a lavorare per apportare modifiche alla costituzione; la seconda, si procede verso una riforma dei regolamenti parlamentari. L’attuale tensione tra maggioranza e opposizione spinge quindi verso la seconda opzione.
Le proposte già ci sono, sia per la Camera che per il Senato. La strada insomma è tracciata. “Con questi lavori su riforma dei regolamenti e decretazione d'urgenza abbiamo voluto rispondere a un invito del Presidente Napolitano e a un'esigenza oggettiva del nostro sistema politico”, le parole di Gaetano Quagliariello, vicepresidente vicario dei senatori PdL, “Dobbiamo ricordarci che la semplificazione del quadro politico e l'avvio delle pratiche di una democrazia decidente sono per ora legate unicamente a una duplice decisione politica assunta autonomamente, al tempo delle ultime elezioni, dall'attuale capo del governo e dall'attuale capo dell'opposizione. Ma le decisioni, se non si istituzionalizzano, sono sempre reversibili”. L’obiettivo per il senatore azzurro è quello di convocare già entro la prossima settimana al Senato la Giunta per il Regolamento. Sia chiara una cosa, rafforzare il governo non vuol dire smontare le due camere. Per il ministro Vito è vero il contrario, “solo confrontandosi con un governo forte, nelle sue attribuzioni istituzionali, può essere esaltata la centralità del parlamento, diretta espressione della sovranità popolare”.
Le modifiche ai regolamenti devono andare nella direzione atta a garantire la realizzazione del programma elettorale. Non dimenticandosi dell’opposizione, destinandole un vero e proprio statuto, per valorizzarne il ruolo istituzionale, trattandolo come un “Governo potenziale in attesa”, rafforzandone la ufficialità del suo leader e dei suoi ministri ombra.
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martedì 21 ottobre 2008

SCUSATE MA NON DOVEVANO ABOLIRE LE PROVINCE??



Le promesse elettorali sono come le foglie d’autunno. Basta un soffio di vento e spariscono, spazzate via, lontano dall’albero dal quale erano cadute e dalla vista di tutti. Così è stato per un punto del programma elettorale: l’abolizione delle province. Si diceva che fossero troppe, si elencavano i costi eccessivi, si argomentava della loro inutilità. Il vento dell’abolizione di questi enti, in tutta in Italia se ne contano centonove, ha gonfiato le vele dell’antipolitica per interi mesi e riempito la bocca di tutti i politici.
Rizzo e Stella nel loro libro, Grillo nel suo blog, Veltroni e Berlusconi dai rispettivi palchi: tutti erano della stessa opinione. Non è una cosa da poco se consideriamo che siamo in Italia, paese dove se si è in cinque a discutere escono fuori sei opinioni differenti. Ed ora, ad appena sei mesi dalle elezioni, tutto tace. Magari nelle segrete stanze di Palazzo Chigi qualche costituzionalista starà lavorando ad un disegno per semplificare il tutto, penserà qualche persona in buona fede. Non è così. Purtroppo dell’abolizione delle provincie non rimangono che le tante parole spese in campagna elettorale. Anche il sito aboliamoleprovincie è fermo, l’ultimo aggiornamento è del 10 settembre, il blog di Beppe Grillo ha tolto l’argomento dall’home page.
Tutti, in un modo o nell’altro, se ne sono dimenticati. Perché nessun membro dell’esecutivo ne parla più? Semplice: l’abolizione delle province non rientra nel programma del governo. Il concetto, che provocherà mal di pancia agli elettori, è stato espresso direttamente da Roberto Maroni, che di questo governo è ministro degli interni, intervenendo ai lavori dell'Assemblea Generale delle Province d'Italia. Le Province sono utili, servono per meglio amministrare i contesti locali, il succo del suo intervento. Nessuno dei maggiori quotidiani nazionali ha dato peso alle parole del ministro leghista. Ma è chiaro che il discorso sulle province è stato bloccato è per non creare acredine con la Lega. Per il partito di Bossi quegli enti rappresentano bacini elettorali non indifferenti. Nei consigli provinciali del nord la bandiera verde ha il suo peso.


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lunedì 20 ottobre 2008

DI PIETRO E VELTRONI... CHE C'AZZECCANO INSIEME??

Veltroni e Di Pietro sono ciò che di più distante possa esserci. Il comune denominatore dell’antiberlusconismo si è rivelato, dopo appena pochi mesi, un comun denominatore ridotto al minimo. Troppo differenti, troppo ambiziosi per stare sulla stessa barca e poter solo lontanamente pensare che uno dei due possa dire all’altro in che direzione remare. Esageratamente costruito il primo, spudoratamente sincero l’altro, mellifluo il leader del Pd, con le sue camicie botton down, urlatore Tonino orgoglioso delle sue canottiere bianche. Uno a sua agio sul red carpet, l’altro sul trattore.

Di Pietro, come afferma lui stesso, parla male l’italiano eppure, nonostante questo handicap, gli italiani lo capiscono, Walter , che mastica ossimori e confeziona sinestesie come nessun altro, non sempre viene decifrato. I riferimenti culturali, le storie, i simboli dell’uno e dell’altro, se messi a confronto, non “c’azzeccano” nulla. Appare strano come Walter il lungimirante, tutte queste considerazioni, non le avesse fatte prima di chiudere la scomoda alleanza in vista della campagna elettorale. Da ieri ufficialmente volano gli stracci.
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venerdì 17 ottobre 2008

PECORELLA VS ORLANDO ... E GLI ITALIANI GUARDANO DISINTERESSATI GLI ONOREVOLI AFFANNI



Berlusconi lo ha detto chiaramente: “agli italiani del giudice della consulta non frega niente”. Veltroni, non farà di questo argomento il fulcro della manifestazione in piazza il 25 ,“ voglio affrontare problemi seri, come la crisi economica, non parlare di politichetta”.
Eppure per tutta la giornata di ieri Camera e Senato sono state impegnate all’inseguimento di quei 572 voti necessari per eleggere Gaetano Pecorella giudice della Consulta. Sforzo inutile perché il tutto si è risolto con un nulla di fatto: servivano i tre quinti della maggioranza, ma tra assenti,franchi tiratori, voti contrari dell’opposizione, 186 schede bianche, 23 nulle e 16 disperse, non si è raggiunto il numero utile. Tutto da rifare. Pareva di leggerle le espressioni dei parlamentari all’ingresso in aula al momento del voto: già sapevano come sarebbe andato a finire. Tanto che qualcuno si è lasciato andare, “se non trovano l’accordo è inutile.”
Alla prima votazione i voti a favore del parlamentare azzurro sono stati 445, nella seconda 411. Se si escludono dal conteggio gli assenti, sono stati 49 i colleghi del Pdl che hanno abbandonato Pecorella. A complicare tutto poi ci si è messo lo sciopero degli aerei che ha obbligato molti parlamentari alla partenza anticipata. Tanto che alla terza chiamata in aula prevista per la serata il Popolo della Libertà ha deciso di non partecipare alle votazioni. Tutto rimandato alla prossima settimana. A fine serata la storia degli scioperi è sembrato più un alibi che ha aiutato il Pdl a rimandare il tutto e ad evitare la votazione di oggi. Fin qui la cronaca. Poi ci sono i rumors e i retroscena. La storia è nota: al Pd il nome di Pecorella non va bene. Veltroni è stato chiaro: “Fate un altro nome e l’accordo si trova”. Ma la figura di Pecorella è strettamente legata a quello di Leoluca Orlando, esponente dell’Italia dei valori, che ambirebbe alla guida della commissione Vigilanza rai.

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mercoledì 15 ottobre 2008

INTERVISTA A CAPEZZONE


Ho realizzato una intervista a Daniele Capezzone, portavoce di Forza Italia. Si parla del nuovo profilo del Popolo della Libertà. Non la metto tutta nel blog perchè la ritengo materiale di nicchia.


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martedì 14 ottobre 2008

ESSERE IL BELPAESE NON SERVE PIU' - TURISMO ITALIANO IN CALO



La costiera amalfitana? bella. Ma da sola non basta. Venezia? incantevole. Ma da sola non basta. Pompei? affascinante, trascurata e nonostante questo rimane il sito archeologico più visitato del paese. Ma anche lei da sola non basta più. Le bellezze italiane non sono più in grado di garantire quei flussi interminabili di turisti come accadeva negli anni passati. Non si vive più di rendita, e non tanto perché l’Italia abbia perso fascino, perde semmai fette di mercato. Il motivo è una offerta turistica inadeguata rispetto alle nuove offerte del turismo mondiale.



Il comune denominatore è la crisi. Finanziaria, dei mercati azionari, dei grandi istituti bancari, dei consumi. Crollano i mercati dell’Unione Europea e quelli asiatici. La borsa di Mosca viene fermata per eccesso di ribasso. In questo desolante panorama si inserisce la crisi di una delle industrie più redditizie del nostro paese: l’industria turistica. A qualche osservatore disattento potrebbe sembrare superfluo affrontare l’argomento. Argomentazione riduttiva. Non è superfluo un comparto che produce quasi 12% del Pil nazionale, che dà lavoro a poco




meno di tre milioni di persone e produce un flusso economico di 150 miliardi di euro.

Imprenditori e politici non sbagliano quando definiscono l’industria turistica il nostro petrolio. Gli sbagli non sono mai nelle definizioni, ma nelle programmazioni. Analizziamo gli aspetti della crisi. Il 2008 lascia ferite profonde, confrontando i primi nove mesi dell’anno in corso con quelli del 2007 emerge che gli alberghi italiani hanno perso un buon 2,5%. E questo nonostante i prezzi delle stanze non siano aumentate nemmeno di un euro. La buona volontà unita al sacrificio di mantenere inalterate le tariffe, è stato solo il disperato tentativo, da parte degli addetti ai lavori, di arginare una crisi galoppante. In fondo molte volte, se non fosse per l’abnegazione dei privati, la situazione potrebbe essere peggiore. Crollano gli arrivi dagli Usa, ma questo era un trend prevedibile, visto il dollaro debole di fronte all’euro (-21% rispetto al 2007), inaspettato invece il crollo di inglesi (- 13,7%), francesi (-7,6%) e tedeschi (-8,1%). Non partono piu? No, più semplicemente preferiscono altre mete come Francia, Spagna, Croazia, Turchia. Sono loro i maggiori competitor e stanno risucchiando le nostri quote di mercato che pensavamo irriducibili.

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giovedì 9 ottobre 2008

HUMOR E POLITICA= OBAMA VS MC CAIN


Obama contro Mc Cain, diretta Sky ore tre di notte. Buoni propositi: seguire lo scontro in pigiama, babbucce e con la brama di sapere tutto prima. Come va a finire, chi vince e sentirsi molto addentrato nella politica estera. Un po’ come durante l’università durante la finale del Superbowl. Facile a dirsi, basta spostare la sveglia qualche ora prima. Ma per chi ha trascorso una giornata di lavoro e sotto le coperte c’è andato a mezzanotte, ecco, alzarsi propriamente alle tre di notte richiede profonde motivazioni, sana incoscienza e propensione al masochismo intellettuale. Aprire una parentesi di dormiveglia a quell’ora stravolge i ritmi circadiani. Non è facile.



E dire che la cravatta di Mc Cain, una regimental salmonata, qualche effetto l’aveva prodotto sulla pupilla appena richiamata a lavoro. Nello sfondo rosso blu dell’ovattato studio spezzava, pur rimanendo pandan, mentre il viola di Obama, di certo elegantissimo e intonato all’altra metà dello studio, produceva un indesiderato effetto camomilla. Purtroppo è stato solo una sensazione iniziale. Alle cravatte ultimamente si chiede troppo, anche di colmare i vuoti dei candidati. I due protagonisti non hanno aiutato a svegliare lo stanco cronista impigiamato, troppo impostati, troppo studiati, troppo perfetti fino a diventare noiosi. Sono convinto che il granitico Mc Cain quando riferendosi al rivale lo ha definito “quello li”, pensava a noi, dall’altre parte dell’oceano, sprofondati sul divano nel profondo della notte italiana alla ricerca di un motivo, dico uno, per giustificare a moglie e amanti l’abbandono del letto coniugale in piena notte. Per entrare nel clima stellestrisce poche ore prima mi ero addirittura costretto alla visione di “the Guardian”, film hollywoodiano che di più non si può , incentrato sugli eroici guardia coste della marina militare statunitense.


Filmone a lieto fine pieno di eroi buoni che lottano contro la natura cattiva e le avversità. Mancava la lotta all’inflazione. E’ servito a poco. Il conduttore poi, impostato come un busto di marmo, ha contribuito all’assopimento generale . Sembrava la versione noiosa di Kent Brokman, telegiornalista goffo e rimediato dei Simpson. Nel cartoon l’anchorman almeno ha ritmo televisivo e soprattutto va in onda di giorno.


Che dire poi del pubblico? L’addetto al casting della trasmissione avrà sicuramente avuto il suo bel da fare per selezionare gente del genere, vestita male e pettinata peggio, privi di una qualsiasi espressione che fosse gioia, rabbia, amore e disaccordo. Erano tutti preoccupati a fissare un punto indefinito nell’orizzonte. Vedere un cinquantenne in tshirt con il berretto da baseball dietro il futuro presidente degli Stati Uniti d’America, nell’ufficialità del tutto, mi ha distolto parecchio dal fulcro del dibattito. Ma il confronto doveva tenersi tra gli americani tipo e così è stato. Agghiacciante interrogativo: quelli sono gli Stati Uniti? povero Mc Cain e povero Obama. Quello non era un pubblico, erano statue di cere prestate da qualche museo di zona. Ci fosse stato uno che avesse fatto una smorfia. C’era un signore con una orrenda camicia rosa abbinata ad una cravatta marrone violastra la cui discutibile versione cromatica mi ha distolto da quel poco che riuscivo a capire del dibattito. Da qui un'altra difficoltà. Capire cosa dicessero i due. La traduzione, simultanea manco troppo, arrivava con qualche singhiozzo e con due tre secondi di ritardo. Se seguivi la lingua originale faticavi, se ti lasciavi coinvolgere dalla traduzione perdevi suspense. La suspense in tv è come la caffeina. Aiuta a rimanere svegli. Nel cuore della notte seguire il tutto senza caffeina, vera e metaforica, non aiuta. Risultato? Mi sono addormentato. Al risveglio il verdetto: quasi pareggio, ma Obama un po’ più avanti. Nemmeno l’amarezza di aver perso qualcosa di storico, se non le ore di sonno. E quelle si che contano, molto più dei sondaggi che ho letto stamattina su tutti i giornali e le agenzie specializzate. Da qui un dubbio: ma siamo proprio sicuri che fossero svegli anche loro?

lunedì 6 ottobre 2008

LE DIVISIONI DEL PD

Spezzatino in salsa rossa. Il menù politico a sinistra consegna questo piatto appartenente alla tradizione popolare. Uno spezzatino che ben incornicia il momento più confuso, controverso e difficile della breve vita del Partito Democratico. Ricordate i pericoli descritti dalla fusione a freddo tra Margherita e Ds, e l’eccesiva fretta con la quale venne messo in pista il nuovo soggetto politico?A distanza di mesi si sono rivelati fondati.

Il Partito Democratico non gode di ottima salute. I sintomi del malessere: frammentazioni, divisioni e litigi che hanno fatto sorgere ben diciotto correnti. Più dei gruppi parlamentari della trascorsa legislatura. Il termine corrente non piace e tutti lo fuggono, ma serve a fotografare l’attuale situazione. Nessuno pare aver preso troppo sul serio il monito di Veltroni sulla pericolosità di troppi sottoboschi, “nel Pd voglio una unica tessera”, si affanna a sostenere. Anche per il democratico Walter diciotto realtà devono essere troppe da accettare, non tutte remano nella stessa direzione, alcune tramano, altre ancora non si sa ancora bene cosa facciano. Veltroniani, dalemiani, prodiani di ferro, cattolici, critici, chi richiama a se la sinistra più dura o chi abbraccia i liberali. Per questo se oggi ci fosse una festa dell’Unità state certi che il piatto forte sarebbe appunto, spezzatino in salsa rossa.

D’Alema guida la Red, acronimo di ispirazione cromatica per “Riformisti e Democratici”, i Red cercano la risposta ad uno dei massimi quesiti dell’ultimo decennio: dire, o provare a di dire, qualcosa di sinistra. Il tentativo avrà come braccio armato l’omonima televisione (Red tv), la cui messa in onda sul canale satellitare 890 è prossima. A dirigere l’orchestra è stata chiamata Lucia Annunziata. La corrente veltroniana, i youdem guidati da Giorgio Tonini, non vuole essere da meno e avrà anche lei un sfogo televisivo: il 14 ottobre è prevista la messa in onda, sempre sul satellite, del canale veltroniano. Un derby televisivo sul satellite. Poi c’è il neonato “Comitato dei democratici per la democrazia”, formato da Ulivisti puri e guidato da Arturo Parisi, una corrente non corrente intenzionata a dare battaglia. A chi e verso cosa battagliare ancora non è ben chiaro. Di certo non mancheranno stilettate ai vertici del Pd, considerando che per Parisi in questo partito manca la democrazia interna.

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sabato 4 ottobre 2008

BARRIO E' ON LINE


E' ON LINE IL NUOVO NUMERO DI BARRIO !!
CLICCA QUI PER LEGGERE LA RIVISTA IN PDF
http://www.barrioroma.com/barrio/index.php

martedì 30 settembre 2008

LA SATIRA CHE NON FA RIDERE


A SINISTRA LA CHIAMANO SATIRA MA NOI NON CI TROVIAMO NIENTE DA RIDERE

Ma fa ridere questa roba qui? Domanda elementare da porsi dopo aver guardato la vignetta sul ministro Renato Brunetta apparsa su Emme, il settimanale satirico dell’Unità. E poi, altro interrogativo: ma questa roba qui chi fa ridere? Praticamente nessuno. Ma in fondo che lo scopo della vignetta non fosse certo quello di generare una risata lo spiega lo stesso vignettista Staino, che di Emme è il direttore.

Miscelare disagio dei precari, lotta ai fannulloni, disoccupati rimasti a casa e voglia di sparare ad un ministro aveva come obiettivo quello di esprimere “ disagio, indignazione e vaneggiamento folle e non certo condivisibile, che può provocare una strabordante polemica contro supposti fannulloni”. In fondo ci risiamo, dietro il comodo abili della satira si perpetua il volgare gioco degli attacchi frontali e dei richiami a dir poco subdoli. Chiariamo: se il nucleo della satira è soggettivo, se essa deve circolare liberamente dai libri, ai giornali, passando per piazze, circhi e libri, devono essere i suoi confini ad essere visibili, oggettivi e non valicabili con pistole in pugno. Questi confini a sinistra sono invece superati spesso e volentieri.


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giovedì 25 settembre 2008

UN PO DI COSE DA SAPERE SULL'HARLEY





C’è chi le considera motociclette belle soprattutto quando stanno ferme e chi invece ci percorre centinaia di chilometri. Chi non ci salirà mai e chi invece è la prima cosa che fa come ha un attimo di tempo libero. Per capire le harley Davidson, il loro mondo, i loro seguaci con tanto di manie,vizi e giubbotti di pelle dovete andare oltre le apparenze. Prendete l’inconfondibile rumore, per alcuni è solo un gran baccano figlio di smarmittate motociclette, per altri musica che si innalza tra i muri metropolitani. Certo, se si è convinti che l’abito faccia il monaco, quel tipetto con barba folta e braccia muscolose, incorniciato da un rombo incessante, non sarà il certo il personaggio con il quale scambieremmo spontaneamente quattro chiacchiere. Non fate i timidi ed esordite allora con un “che bella moto!”, guadagnerete subito la sua simpatia e avrete iniziato un piccolo viaggio in questo mondo di motori a stelle e strisce. Tutto inizia a Milwaukee, nel Wisconsin, due ragazzi poco più che ventenni, Willian S.Harley e Arthur Davidson, costruiscono in maniera del tutto artigianale la prima motocicletta. E’ il 1903 e il carburatore dei primi prototipi è ricavato da un barattolo di pomodori. Sempre a Milwaukee,sarà poi il turno di Fonzie, il popolare personaggio della serie Happy Days, a dare ulteriore popolarità a questa moto. Proprio in sella ad una Harley, Fonzie girerà moltissime puntate del fortunato telefilm. Da quel giorno tutte le strade del mondo verranno solcate da motociclette rumorose, tutte cromate e con il caratteristico motore a “V”. Affacciatevi dalla finestra e ne vedrete subito qualcuna attraversare la via. Questo perché negli ultimi decenni la moto più americana che ci sia ha conquistato il cuore degli europei. Pare che i due continenti si siano messi d’accordo: negli Stati Uniti impazziscono per le Ducati e le immortali Mv Augusta, in Europa vanno forte le Harley, tanto che negli ultimi due anni si è avuto un incremento a due cifre di vendite al dettaglio. Come tutte le cose che hanno un’anima forte e risoluta anche la moto di Milwaukee spacca in due l’opinione pubblica, o è amata o è odiata. Di certo non passa indifferente. Chiedete un parere ai quei motociclisti che cavalcano siluri giapponesi di grosse cilindrate, loro, ad esempio, ve ne parleranno male. “E per fortuna”, aggiungono gli harlisti, a questi Valentino Rossi mancati, importa la meta ed arrivarci in minor tempo possibile. La loro formula recità così: “minor tempo uguale a maggior velocità”. Chi cavalca un harley ha a cuore il viaggio, con i suoi contorni, profumi e personaggi. A lui interessa partire. I primi sono “dueruotisti” a caccia di stress, i secondi motociclisti che scacciano lo stress. E per averne conferma date una occhiata alle t-shirt che indossano questi personaggi metropolitani sui generis. La più ricorrente recita così: “my Harley eats Yamaha e shits Honda”. La traduzione? Superflua. Conclusione: pensiate che questo articolo sia un po’ fazioso? Constatazione giusta. E’ stato scritto da chi va in Harley da dieci anni e di smettere non ci pensa proprio.

martedì 23 settembre 2008

INDICAZIONI STRADALI

Girà quà, vai di là, segui quella macchina lì, la strada giusta era quella di prima. Più meno questa è la conversazione tra un uomo e una donna quando sono in auto. Lui di solito guida, lei di solito si distrae mentre manda messaggi alle amiche o si guarda le unghie appena smaltate. Ad un certo punto esclama interdetta: l’uscita era quella! E lui che, masticando amaro, vede il bivio allontanarsi dallo specchietto retrovisore e già pensa a quanti chilometri in più dovrà percorrere. Buon senso vorrebbe che mente Lui guida Lei gli dia una mano nell’indicare la strada. Come q-u-a-l-e strada? Quella là. Ovvio. Studiosi della semantica converranno: il vocabolario femminile è privo dei sostantivi “destra”, “sinistra”, “prima” e “dopo”. Nemmeno Freud riuscirebbe a decifrare un “gira là” urlato improvvisamente dalla donna di turno mentre attraversiamo piazza Ungheria. Guai poi a inveirle contro, potremmo urtare la sua sensibilità e sentirsi dire: “allora lì arrivaci da solo”. Che dichiarazione scontata: non che ci stesse dando una grossa mano. Se con le carte stradali le donne avessero la stessa dimestichezza che hanno con le carte di credito staremmo tranquilli. Perché ci irrita questa particolare incapacità delle donne? Semplice. Se fossero toponomasticamente più orientate noi maschietti non dovremmo abbassarci a chiedere a quell’anonimo passante la strada per arrivare in quel posto. L’uomo odia chiedere indicazioni, ancora di più se si tratta indicazioni geografiche. Se poi il ristorante\festa\locale da raggiungere è dentro i confini di Roma nord e noi non sappiamo arrivarci, abbassarsi a chiedere una indicazione sa di sconfitta socio geografica. Daremo senz’altro l’impressione di non essere della zona. Una vera e propria onta per chi è natovissutoecresciuto tra la Camilluccia e l’Olgiata e viale Parioli. Soluzioni: navigatore satellitare (scontata), utilizzo del taxi (costoso), la coppia si scoppia e va con due auto (consigliata). Così vediamo chi arriva prima lì.

mercoledì 17 settembre 2008

A QUESTO PUNTO FANNO QUASI TENEREZZA



Dunque, li avete visti i compagnucci quest'ultimo periodo? Sono in crisi. Ma non tanto crisi politica (che volete che sia stare fuori dal Parlamento per 5 anni, tanto c'è Luxuria sull'isola dei famosi), nemmeno crisi culturale (sono ancora convinti di essere gli unici portatori del Verbo). La loro è una crisi ESISTENZIALE. Coinvolge l'intera sfera dell'ESSERE. Li vedete in giro? Hanno smesso di sorridere, se mai hanno sorriso, hanno smesso di ragionare, se mai hanno avuto il vero uso della RAGIONE. Negano l'evidenza, criticano la verità. Sono in un vicolo cieco dal quale non hanno possibilità di uscire. Almeno fino a quando rimarranno convinti di essere gli unici, i soli ad avere il dono della LUCE. Militari fuori dalle AMBASCIATE? Fumo negli occhi.
RIFORMA DELLA SCUOLA E SACROSANTO RITORNO AL MAESTRO UNICO? La distruzione in atto della scuola. Si cerca di rattoppare l'Alitalia? E' uno SCANDALO VERGOGNOSO. E ancora: Robin Hood Tax. VOMITO. Norma antiprostitute? SI PRESTA IL FIANCO ALLO SFRUTTAMENTO DELLA PROSTITUZIONE. Tolto l'Ici? Fumo negli occhi. Non c'è un provvedimento, che sia uno, che lorsignori abbiano, non dico approvato, applaudito ma perlomeno guardato con obiettività. Brunetta cerca di rimettere ordine tra i dipendenti delle PA? Illusioni. Non dico che questo sia il miglior mondo possibile. Sono convinto che le borse crollano e il prezzo del pane cresce. So anche che difficilmente le Province verranno eliminate. Ma almeno, dico almeno, ci si muove. Si fa qualcosa. Immagino la scena: la mattina lor signor compagniucci si alzano, si guardano allo specchio e si ripetono dieci volte: è tutto sbagliato, è tutto sbagliato, è tutto sbagliato. A forse di ripeterselo evitano di cadere in totale depressione. Contenti loro...

martedì 16 settembre 2008

WALTER PERDE I COLPI



Mettetevi nei suoi panni e capirete. Passare da leader applaudito-osannato-richiesto a leader crtiticato-fischiato-dimenticato non deve mica essere facile. Il leader nuovo-vincente-convincente di qualche mese fa si specchia e vede un leader vetusto-perdente-petulante. Uno choc del genere metterebbe ko pure Mike Tyson. Normale che Walter barcolli.

Negli ultimi anni aveva perso l’allenamento a sostenere certi attacchi. Ovattato in Campidoglio immune da qualsiasi polemica , quello si che era un bel vivere. Annunci, feste, copertine sui giornali, un unico libro le cui recensioni sembravano farne il nuovo Pirandello. Chi ha buona memoria ricorderà addirittura le lodi espresse niente meno che dal quotidiano di Allenaza Nazionale sul fatto che un Sindaco così fosse il top per la città. Peccato che il top abbia poi lasciato una città piena di toppe.

L’estate è passata tra ombrelloni da piantare a Sabaudia e grane piantate dai suoi alleati-amici-colleghi. Breve riassunto per chi avesse la memoria corta: prima le bordate di Di Pietro, in seguito le punzecchiate di Rutelli e D’Alema fino all’attacco di Amato “bene i 100 giorni di Berlusconi, male i 300 di Veltroni”. Ad incorniciare il tutto l’anonima trasferta a Denver per sostenere l’amico Obama. Mentre il candidato democratico riceveva l’incoronazione al nostro primo ministro ombra non veniva concesso niente. Nessuna stretta di mano con Obama, niente saluto dal palco, niente di niente. Nemmeno una prima fila. Non pago di ciò è ancora alla ricerca ostinata di qualcuno che firmi per salvare l’Italia. Gli hanno risposto picche prima Bassolino e poi Cacciari.

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http://www.loccidentale.it/articolo/veltroni+prende+colpi+da+tutte+le+parti+e+ormai+%C3%A8+sull%27orlo+del+ko.0057916

domenica 14 settembre 2008

LA FIAMMA CHE SI SPEGNE E QUELLA CHE RIMANE ACCESA





La fiamma si spegne, la fiamma rimane accesa. Tormentone di fine estate, in attesa che riprendano i lavori parlamentari e che il Pdl si strutturi in maniera definitiva. Ad Atreju , la consueta festa dei giovani di An (ma a questo punto sarebbe più corretto a questo punto definirli” ex An”), si parla anche di questo. Riduttivo sostenere che si parli solo di questo. “Il simbolo è il significato più forte racchiuso nel minimo spazio”, ama ripetere Lorenzo Ostuni filosofo simbologo e terapeuta italiano di fama internazionale. Rimanere ancorati al simbolo è pericoloso però. Va bene amarlo, fa male adorarlo. C’è il pericolo di prestare il fianco ad una deriva superficiale ed impulsiva. Questo è il rischio che sa di correre chi rimarrà arroccato in nostalgiche convizioni.

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http://www.loccidentale.it/articolo/la+fiamma+che+si+spegne+e+quella+che+rimane+sempre+accesa.0057801

giovedì 11 settembre 2008

11 SETTEMBRE ...



RIMANGO CONVINTAMENTE FILOAMERICANO, LA MIA CONVINZIONE HA VACILLATO IN QUESTI ANNI MA ALLA FINE HO MATURATO CHE ESSERE FILO AMERICANO E' COSA DIFFERENTE DALL'ESSERE FILO BUSHIANO, SONO SEMMAI FILO TOCQUEVILLIANO. PERSONALMENTE GEROGE W BUSH MI HA MOLTO, MA MOLTO DELUSO. GUARDO CON INTERESSE AL PROSSIMO FUTURO PRESIDENTE DEGLI USA E NON PENSO CHE OBAMA POSSA VINCERE.

mercoledì 10 settembre 2008

PANSA, ANTIFASCISMO VELTRONI PERDENTE E SUICIDA (ANSA) - ROMA, 10 SET -

Veltroni è «abbarbicato a questo antifascismo perdente e suicida» ma «il suo vero problema è Di Pietro che fa la faccia feroce: lui allora rilancia, senza esserne convinto, perchè gli stanno rubando il patrimonio». Intervistato dal Giornale, il giornalista Giampaolo Pansa, si esprime così in merito alle polemiche di questi giorni scatenate dalle parole su Salò del ministro della Difesa, Ignazio La Russa, aggiungendo: «non capisco che cosa ci sia di scandaloso in ciò che ha detto». Secondo Pansa ,«è grottesco etichettare tutti i soldati di Salò come torturatori e amici dei nazisti». Spiega il giornalista, autore di diversi libri su quel periodo storico, che «molti di loro erano cresciuti nel regime fascista, immersi in un clima di propaganda» e «la maggior parte di loro non poteva certo schierarsi per un parlamento legittimo che non avevano nemmeno mai conosciuto». La faida del '45 nel Paese, afferma Pansa, era chiusa «fino a che non è arrivato il detonatore violento degli anni di piombo» e ora, «con tanto odio in giro», teme possa riaprirsi.

martedì 9 settembre 2008

SINISTRA IN BAMBOLA

Ho visto la prima puntata di Ballarò, in studio Tremonti e D'Alema. Ho ascoltato delle cose che mi hanno lasciato stupefatto. Ebbene secondo il leader Pd se la spazzatura a Napoli non c'è più, se l'Ici è stata abolita e se dopo 110 giorni finalmente abbiamo un Governo che fa, ebbene sapete di chi è il merito??? Del Governo Prodi. Qualcuno penserà che ho le traveggole. Non è così. Massimo D'Alema è riuscito a dire questo. Di fronte al falso, alla menzogna più fetente, cosa si può aggiungere? Che questi compagni hanno davvero, oltre alla faccia tosta, una fervida fantasia. Secondo me la mattina si svegliano e si dicono "o ci diciamo queste cose 10 volte al giorno o cadiamo in depressione". Negare l'evidenza è sintomo di estrema falsità intellettuale. E ancora, per la ex ministra Melandri ( quella che non era mai stata in Kenia nella villa di Briatore salvo poi apparire documentazione fotografica) è ora di smontare "la panna montata del Governo". Intanto Valterino Veltroni va ramengo per l'Italia alla ricerca di 5 milioni di firme. A Napoli si è sentito dire: "Uolter accà nisciuno è fesso". Per fortuna.

giovedì 4 settembre 2008

INTERVISTA A MAURIZIO GASPARRI



Gli elettori hanno scelto il partito unico ora sta a noi costruirlo.

Intervista a Maurizio Gasparri di Michele Ruschioni4 Settembre 2008

Il calendario è fitto di appuntamenti, l’officina politica per creare il profilo del nuovo partito unico di centrodestra è lavoro. Non si è fermata nemmeno nei mesi estivi. La pausa d’agosto ha sospeso i lavori parlamentari, non quelli per la definitiva strutturazione del Popolo della Libertà. Ne parliamo con Maurizio Gasparri, presidente del gruppo Pdl al Senato.

Gasparri l'estate ha portato consiglio sul futuro del partito unico?

Ha reso ancora più solida la convinzione che i due partiti abbiamo fatto bene a presentarsi agli italiani uniti nel Popolo della Libertà. In tutti gli incontri estivi uno dei punti su cui si dibatteva era proprio quello del partito unico. Gli appuntamenti prossimi scandiranno le tappe necessarie per arrivare a costruire in maniera definitiva la nuova formazione, c’è la prima festa del Pdl a Milano dal 26 settembre al 4 ottobre, ci sono incontri e dibattiti in tutte le Regioni, insomma c'è da costituire il partito unico del centro destra. Quel popolo della Libertà, già metabolizzato dagli elettori da tanto tempo e che ora spetta agli uomini di An e Forza Italia portare a compimento.

Vanno di moda le definizioni, partito leggero, partito di tessere, partito liquido. Cosa ci troveremo di fronte?

PROSEGUE SU....
http://www.loccidentale.it/articolo/gli+elettori+hanno+scelto+il+partito+unico+noi+dobbiamo+solo+capire+come+adeguarci.0057241

mercoledì 3 settembre 2008

DAL VIAGGIATORE NARRANTE AL PENNIVENDOLO

Carissimi, nota di servizio. Da oggi si torna a fare sul serio, non che si sia mai scherzato tra queste righe, ma il descrittore spensierato dei miei viaggi passa la penna al cronista politico barra pennivendolo. Spero di darvi sempre nuovi post e nuove occasioni di svago e riflessione. Anche se nei prossimi mesi il da fare non mi mancherà. C'è un progetto editoriale da terminare, lavori nuovi da affrontare, lavori vecchi da continuare e tante altre avvincenti sfide. Professionali e non solo.

sabato 30 agosto 2008

DIVINA COMMEDIA IN PILLOLE




Un pò di Divina Commedia male non fa. Pronunciare qualche frase a tavola, magari a cena con alcuni amici e\o colleghi, rende sempre fichi. Parafrasando Cristian De Sica in " compagni di scuola", può LETTERALMENTE "svoltare le risate". Allora ecco qua un pò di info su un passo poco conosciuto de L'Inferno. Sia chiara una cosa: nessun intento professorale. Ma un pò di sana divulgazione, quella si.

"Pape Satàn, pape Satàn aleppe" è un verso scritto da Dante Alighieri a inizio del Canto VII dell'Inferno.

Il verso è pronunciato da Pluto, che Dante pone come guardiano del Quarto Cerchio, e recita:

« «Pape Satàn, pape Satàn aleppe!»,

cominciò Pluto con la voce chioccia;
e quel savio gentil, che tutto seppe,

disse per confortarmi: «Non ti noccia
la tua paura; ché, poder ch'elli abbia,


non ci torrà lo scender questa roccia.» »
(Dante Alighieri, Divina Commedia - Inferno, VII, vv. 1-6)

Il verso, composto di sole tre parole, è celebre per il suo scandito ritmo di metrica, che gli dà il tono di un'invocazione a Satana (l'unica parola riconoscibile). Secondo alcuni critici si tratta di un'espressione inventata, ma secondo altri ha elementi etimologicamente riconoscibili.

Dalle scarne informazioni di Dante sappiamo che:

Virgilio lo capisce (quel savio gentil, che tutto seppe);
Che è solo l'inizio di qualcos'altro (cominciò Pluto...);
Che è un'espressione di rabbia ("Taci, maledetto lupo! / consuma dentro te con la tua rabbia.");
Che ha un effetto di minaccia verso Dante ("Non ti noccia / la tua paura; ché, poder ch'elli abbia / non ci torrà lo scender questa roccia").
La parola Satàn ripetuta ben due volte e la parola Pape che assomiglia a un imperativo latino (sebbene non esista alcune verbo riconducibile) fa pensare a una preghiera o a un'invocazione del maligno contro gli intrusi (tanto che Virgilio ripete, leggermente variata, l'espressione "vuolsi così colà..." ).

Dante probabilmente intendeva dare un senso, seppure oscuro, alle parole demoniache mettendo almeno qualcosa di riconoscibile (Satàn), ma lasciando quell'indeterminatezza minacciosa, dove chiunque potesse immaginarvi il significato che più lo spaventasse. Questo è un espediente usato ancora oggi, per esempio nel cinema horror, dove una scena non mostrata esplicitamente, ma solo fatta immaginare allo spettatore tramite allusioni, può risultare più spaventosa di una girata nei minimi dettagli.


Possibili spiegazioni [modifica]
Pape (o papè) potrebbe essere una resa del termine latino papae, greco παπαί papaí, un'interiezione di stupore o di stizza, attestata negli autori antichi (come il nostro Accidenti!)[1].
Aleppe potrebbe derivare da alef, la "A" dell'alfabeto ebraico (già alep in quello fenicio, che divenne alfa in quello greco). La deformazione fonetica di alef in aleppe sarebbe analoga a quella del nome Yosef in Giuseppe. In ebraico alef significherebbe anche "numero uno", ovvero "il principio che contiene il tutto" e ciò corrisponderebbe a un attributo della maestà di Dio. Nel tardo medioevo un'espressione del genere sarebbe stata in uso interezione (come oddio!)[1].
Quindi la frase sarebbe, assieme all'interpretazione di altri esegeti, un miscuglio di latino (papae, genitivo di papa), greco (satan, col significato di "avversario") ed ebraico (aleph o alef prima lettera dell'alfabeto ebraico) e significherebbe "Primo nemico del papa".
Domenico Guerri, che fece una accurata ricerca nei glossari medievali nel 1908[2], le interpretò come "Oh Satana, oh Satana Dio", intese come un'invocazione contro i viaggiatori.
Abbūd Abū Rāshid, primo traduttore arabo della Divina Commedia (Tripoli, 1930 - 1933), interpretò questi versi come una traslazione fonetica di una parlata araba, e li tradusse come Bāb al-shaytān. Bāb al-shaytān. Ahlibu ("La porta di Satana. La porta di Satana. Proseguite nella discesa"). Si osserva che, secondo alcuni studiosi islamici, Dante avrebbe tratto alcune ispirazioni da fonti islamiche arabe.[3] Egli infatti non disprezzava il mondo musulmano a priori: se relegava Maometto tra i dannati, egli nominò però ben tre musulmani tra gli Spiriti magni del Limbo: Saladino, Avicenna e Averroè. I dubbi di questa interpretazione nascono però dal significato accondiscendente che non è in linea con quanto suggerito nella narrazione circostante. Si osserva che comunque Dante non conosceva l'arabo e forse voleva solo ricreare la suggestione di quella lingua ascoltata; si è d'altra parte ipotizzato anche che Brunetto Latini, suo amico, possa averlo avvicinato ad elementi della cultura islamica, da lui conosciuta durante gli anni vissuti ad Oviedo nelle Asturie.
Potrebbe essere una frase senza senso, pronunciata con l'intento di confondere i deboli (in questo caso Virgilio e Dante, che l'ascoltano) così come le frasi in latino dette da presunti "dotti" per impressionare il pubblico.
Esiste anche una teoria, poco accreditata ma senz'altro interessante per capire la varietà di suggestioni che queste parole hanno suscitato negli studiosi, che interpreta le parole come una traslitterazione dal francese: "Pas paix Satan, pas paix Satan, à l'épée" ("Niente pace Satana, niente pace Satana, alla spada"). Un'altra interpretazione dal francese è "Paix, paix, Satan, paix, paix, Satan, allez, paix" ("Pace, pace, Satana, pace, pace, Satana, andiamo, pace")[1].

venerdì 29 agosto 2008

FOTO E ULTIME DEL VIAGGIO


Royal crudite a Biarritz


Motociclista a Foix.


Che goduria....


Montecarlo. Nastri di partenza della Formula 1


Ruschio motociclista


Surfiste in pausa a Biarritz


Scuola di surf a Biarritz



Ecco qua le foto delle ultime tappe del viaggio, 4250 km dal Tirreno all'Adriatico passando per l'oceano Atlantico. Ultima tappa a Montecarlo e Portofino. Il principato mi mancava. Altra bandierina. Come sapete nel principato è vietato l'ingresso a camper e roulotte. Infatti gli unici due camper incontrati mentre percorrevano la curva del Casino erano targati Roma e Torino. Nel Principato è pieno di isole pedonali dove le auto non possono entrare. L'unica Volvo che a marcia indietro si faceva strada tra i tavolini del bar era targata Imola. Le auto per le strade del Principato sono tutte di grossa cilindrata. La auto più sfigate sono le Bmx X 5 o qualche Minicooper cabrio, ovviamente "S". L'unica panda che circolava contromano? targata Padova. Che risate... ecco una selezio. ne di foto.
E grazie a tutti per l'attenzione. Concludo citando Darwin " non è l'uomo a fare i viaggi, ma i viaggi a fare l'uomo". L'importnte, aggiungo io, è saper viaggiare.

BIARRITZ

Biarritz, patria dei surifsti. Una decina d’anni il mio amico Luca di ritorno da un viaggio in questi posti mi disse: “ se uno come te va a Biarritz impazzisce”. Non che lo avessi dimenticato il suggerimento. E’ solo che dovevo avere l’occasione buona per arrivare e bagnarmi sull’atlantico. E così sabato sera siamo arrivati sulla costa sud occidentale della Francia, quella bagnata dall’Atlantico. Prima uno sguardo a Cape Breton e poi via a Biarritz, per vedere se Luca avesse ragione. Aveva ragione. La prima notte qui mi sono sognato una slogan: Biarritz, terra degli invidiati. Da qui inizia la parte basca della costa atlantica. Ed io, ignorante, che pensavo che i paesi baschi fossero solo nei confini spagnoli mi sono dovuto ricredere. Questa cittadina affacciata sull’Atlantico può essere descritta mixando un di caratteristiche di alcune dello località marittime più famose. Come Rimini per l’organizzazione, come Montecarlo per il suggestivo arroccamento tra colline e mare, al pari di Porto Fino per l’eleganza della gente, come Sabaudia per la lunga spiaggia e come Honululu per le migliaia di surfisti che vengono qui da ogni parte d’Europa per cavalcare le onde. Che non stai nel mediterraneo lo capisci da molte cose: dai corpi bianchi come lenzuola tutti incremati ( tedeschi, inglesi), dal fatto che non ci sono venditori di collanine, asciugamani, parei ma soprattutto che ci sono centinaia di surfisti tutti belli ed abbronzati. Tra questi uno ha provato per tutta la giornata a cavalcare le onde con il suo bodyboard affittato al costo di 6 euro l’ora. Su oltre cento cavalloni ne ha cavalcati appena tre per il resto: ruzzoloni, inabissamenti e incornate contro l’oceano. Il tutto con le chiappe al vento perché le onde portano via tutto quanto. Per la cronaca: quel surfista improvvisato ero io. E le mi chiappe pallide sono state viste da tutta la spiaggia. Altri due italiani incontrati erano dei milanesi e il quarto indossava la maglia della Roma e leggeva la Gazzetta dello Sport. Dove l’abbia trovata non so propri o dirvelo. Intendo la Gazzetta. Visto che Biarritz è la terra degli invidiati, ci qualche bell’invidiosone devo aver fatto un bel wodoo contro di noi. Moto in panne e macchina fotografica smarrita. Due imprevisti che ci hanno obbligato a prolungare il soggiorno di un’altra notte in attesa che la moto venisse riparata. Questi due incidenti ci hanno permesso di conoscere in modo ancora migliore questa deliziosa cittadina. Siamo infatti entrati in contatto con: harleista selvaggio che ci ha prestato soccorso, Ppolizia, polizia municipale, pronto intervento moto e autofficina Moto Star. Certo luoghi e persone poco frequentati da turisti e che hanno fatto emergere la gentilezza di questa gente. Nel frattempo dobbiamo registrare visita al Casinò. Per tutta la serata ho atteso e sperato che uscisse il 26 alla roulette. Invano. Ora capisco cosa prova chi aspetta, sempre invano, i mezzi pubblici. Bilancio della serata catastrofico: 70 euro di passivo. Nonostante tutto questo posto si è scavato una breccia nel mio cuore merito anche di un ristorantino niente male nel porto vecchio. Qui ho mangiato un crudo di gamberi, molluschi e crostacei di rara freschezza e bontà. In assoluto la miglior cena a base di pesce della mia vita. Il ristorante merita assolutamente di essere segnalato. Se passate da queste parti deve essere tappa obbligatoria.

Restaurant du port Chez Alberto , Port des pecheurs , 64200 Biarritz , tel + 33 (0)5 59 24 43 84