lunedì 19 ottobre 2009

LA COSTITUZIONE NON SI TOCCA




Due sono i responsabili del fatto che la semplice legge per attuare finalmente dopo 60 anni la separazione delle carriere dei pm e dei giudici, sia divenuta il solito tormentone. Il primo è la squadra dei costituzionalisti schierati, il cui conservatorismo, mirato a preservare a tutti i costi l’interpretazione della Costituzione sulla quale si fonda la presunta superiorità della sinistra che ci sta portando nel terzo mondo, si concretizza inventando limiti costituzionali contro ogni modifica, anche minima, proposta dal centrodestra.




Il secondo è Berlusconi stesso che drammatizza la riforma con il risultato di indurre l’intero corpo giudiziario ad arroccarsi contro un progetto che potrebbe trovare il favore dei tanti magistrati che credono alla totale separatezza del giudicante.



Perché mai sta proclamando di voler modificare la Costituzione per riformare la giustizia, cadendo nella trappola tesa dai miei esimi colleghi costituzionalisti?




Evidentemente, i suoi due avvocati penali, che - dimenticando di non essere dei costituzionalisti - hanno spianato la strada all’annullamento del Lodo Alfano con le loro originali difese davanti alla Consulta, continuano a colpire. Non solo perché, allo stato attuale, la pur dovuta riforma può sembrare una rappresaglia, ma perché è chiaro che il Premier non è stato messo a conoscenza del dettato costituzionale. Nessuno gli ha ancora detto che la Carta ha imposto e impone sin dal 1948 la totale separazione tra giudici e p.m. e che l'art. 101 della Costituzione sancisce che solo i giudici -e non tutti i magistrati e, quindi, non anche i p.m.- sono sottoposti «soltanto alla legge».



E neppure gli è stato fatto sapere che l'art. 107 Cost. sancisce che il regime di indipendenza dei p.m. non è quello previsto in Costituzione per i giudici bensì quello che sarà dettato dalla legge ordinaria. Infine, nessuno gli ha ricordato che l'art. 111 Cost. sul giusto processo pone il pm in posizione di parità con la difesa e al di sotto del giudice. È quindi assurdo pensare di modificare la Costituzione per fare ciò che essa ha già stabilito debba essere fatto con legge ordinaria! Anche se ciò non toglie che questa debba garantire ai pm la più ampia indipendenza, prevedendo per essi o un altro consiglio superiore o qualcosa di equivalente.



Occorre, tuttavia, non cadere in eccessi di garantismo, dato che i sessanta anni trascorsi hanno dimostrato che la totale separatezza dei magistrati fa ricadere sulla giustizia la loro politicizzazione o contrapposizione in schieramenti. Tanto più che non può non avere rilievo il fatto che l'attività dell'accusa è di puramente amministrativa e consente, come ogni attività della P.A., spazi di discrezionalità nonostante l'obbligatorietà dell'azione penale.



È pacifico infatti che il pm è libero di stabilire in base al proprio convincimento se procedere o meno e che l'aumento dei reati fa sì che l'obbligo di procedere si risolva nella sola apertura del fascicolo, potendo poi il magistrato scegliere liberamente a quali iniziative dare priorità. Ed è su tali spazi di scelta che un qualche potere di indirizzo deve essere previsto per impedire che prevalgano le pulsioni di schieramento o le personali visioni politiche. È indifferente che ciò venga garantito da un consiglio composto in proporzioni diverse da quello del Csm oppure da qualche organismo parlamentare ma merita di essere respinta la ventilata assimilazione con l'avvocatura dello Stato che ha minori esigenze di indipendenza.

Achille Chiappetti

lunedì 12 ottobre 2009

LA SINISTRA STIA ZITTA E PENSI ALLA CEDERNA

Fonte: Il Giornale
Vittorio Feltri


Prendiamo atto. In Italia si pu aggredire il Papa con critiche feroci, la pi ricorrente delle quali riguarda le sue presunte ingerenze negli affari politici del nostro Paese (e questo solo perché lui esprime opinioni legittime come tutte le opinioni, ma non è lecito dire neanche mezza parola sul capo dello Stato, forse perché di estrazione comunista, quindi intoccabile per definizione).

Abbiamo uno strano concetto di democrazia. Le istituzioni sono sacre se incarnate da uomini di sinistra; se invece sono incarnate da uomini di destra, o Comunque non graditi ai progressisti, allora non esistono problemi: diventino pure bersaglio di chiunque voglia esercitarsi nel tirassegno. L'istituzione Quirinale è al di sopra di ogni sospetto, e il popolo è pregato di inchinarsi davanti a chi lo occupa; Palazzo Chigi è pure un'istituzione, ma essendo occupato da Berlusconi, premier di un governo di centro- destra, è un peccato sputacchiarlo. La stampa si adegua: deferenza per Napolitano, insulti per il Cavaliere. E se il Giornale osa sfiorare con una piuma il Signore del Colle, apriti cielo: indignazione, scandalo. Ieri ne abbiamo avuta una prova.

In prima pagina era pubblicato un articolo in cui si raccontava come effettivamente si sia svolta la vicenda del Lodo Alfano bocciato, e quale ruolo abbia avuto la presidenza della Repubblica. La cosa più normale per un quotidiano è riferire i fatti e commentarli. Ma se i fatti non fanno il gioco del Pd, chissà perché gli stessi che protestano per l'insufficiente libertà di informazione, desiderano abolirla del tutto.

Già. Libertà per loro, bavaglio a noi. Piero Fassino ce ne ha dette di ogni colore. E perfino RosyBindi, che a Porta a Porta meno di una settimana fa aveva dichiarato di non leggere il Giornale, stavolta ha ammesso invece di averlo letto (mi auguro non a sbafo) e ha invitato Berlusconi a sconfessarlo, perché certi attacchi a Napolitano sono intollerabili. Per la signora ricostruire in modo veritiero un episodio equivale ad attaccare.

Vabbè, sorvoliamo sulle sciocchezze degli iscritti al Pd ai qualiva riconosciuta l'attenuante della disperazione. Ricordiamo piuttosto ai lettori che la sinistra non sempre ha venerato gli inquilini del Quirinale. L'abitudine a idolatrarli è cominciata quando Scalfaro subentro' a Cossiga, contro il quale gli ex comunisti avevano avviato le procedure per metterlo in stato d'accusa.

Secondo loro, a quel tempo, era giusto spernacchiare il presidente e addirittura mandarlo a casa a pedate. Scalfaro per non fare la fine del predecessore si comportò astutamente: dimenticando il proprio passato di democristiano conservatore, virò a gauche e visse felice e contento sino al termine del mandato.

Ciampi e Napolitano, poi, non hanno dovuto compiere alcun salto della quaglia per schivare grane: erano di sinistra dalla giovane età. Cossiga non fu comunque il primo presidente della Repubblica ad essere bastonato dagli eredi del Pci oggi pretoriani della più alta autorità dello Stato. Fu il secondo. A Giovanni Leone venne riservato l'onore di essere massacrato dai geritiluomini in rosso e di fare quindi da apripista. Lui persona specchiata, grande avvocato, autentico patrizio napoletano. I comunisti organizzarono una campagna mostruosa contro Leone dipingendolo come un ladro, un farabutto, una canaglia, aiutati nell'opera di sputtanamento da una giornalista, Camilla Cederna, icona dei compagni pi spietati, la quale scrisse un libro sul poveraccio, demoleidone la reputazione con argomentazioni talmente infondate che, anni dopo, fu condannata a risarcirlo.

Travolto dai «carrarmati» berlingueriani, il presidente venne costretto, innocente, a dimettersi per essere riabilitato in tarda età, ormai avvilito, distrutto. Il giorno in cui egli sloggiò dal Quirinale, il Pci festeggiò e portò in trionfo l'eroina della diffamazione, la Cederna.

Eccoli i precedenti. Con quale coraggio adesso i compagnucci si ergono a difensori di una istituzione, il Quirinale, che in altra epoca sbeffeggiarono, mortificarono, distrussero?

Dall'assassinio di Leone sono trascorsi trent' anni. E dalle torture a Cossiga (volevano sottoporlo a perizia psichiatrica) diciassette. Fassino non aveva pi i calzoni corti e rammenterà queste pagine vergognose dei partiti in cui ha militato. Con quale faccia fa la morale a noi perché ci azzardiamo a dare un'occhiata a quanto avviene sul Colle?

Stia zitto e pensi alla Cederna invece di bacchetta re il Giornale. Non ha titoli per essere docente di deontologia. Date le intimidazioni provenienti dalla sinistra (le rimandiamo al mittente) non so se sia il caso di offrire un suggerimento a Berlusconi. Massì. Offriamo. Fossimo nei suoi panni, non esiteremmo un minuto a mutare l'assetto dello Stato, correggendo la Costituzione. Qui si tratta di trasformare quella esistente in Repubblica presidenziale. Poiché il presidente lassù sul Colle rappresenta l'unità nazionale, cioè tutti i cittadini, sarà meglio sia eletto dal popolo anziché dal Parlamento che - è noto - agisce secondo logiche politiche e se ne infischia del bene comune. Non è un cambiamento da niente, serve qualche mese per attuarlo.

La sinistra non ci sta? Pazienza. Alle Camere la maggioranza assoluta c'è ed è del Cavaliere. Si fanno due passaggi in Parlamento; dopo di che sarà chiesto un referendum? Si vada alle urne. Voglio vedere chi vince. Se, come ipotizzo, gli italiani diranno sì all'elezione diretta del capo dello Stato, storia chiusa. Polemiche chiuse. Basta giochetti. P.s. Tra l'altro, Gianfranco Fini per una vita ha reclamato una Repubblica presidenziale. D'accordo che ora ha una gamba all'opposizione, ma non credo abbia il coraggio di rimangiarsi la riforma di cui è padre. Non le pare, presidente Berlusconi

domenica 11 ottobre 2009

Tutti sui tetti per difendere l'abuso


Fonte: quotidiano Libero


Siamo una società di vittime della moda, non solo se si tratta di portare i pantaloni a vita alta o a vita bassa, le scarpe con tacco o quelle con la zeppa, ma anche in fatto di proteste. Come tutti sanno il trend del momento, per chi ama il fascino di tutto ci che viene d'oltralpe, impone il sequestro dei dirigenti di un'azienda quando ci siano rivendicazioni o proteste contrattuali. Squisitamente autoctona invece, vero e proprio prodotto del made in italy (pare stiano studiando un marchio apposito da presentare alla Ue per la tutela dei diritti) l'occupazibne dei tetti degli edifici che in qualche modo abbiano a che fare con la protesta. Onestamente va detto che il copyright prevederebbe l'asserragliamento in un edificio storico (ottimo il Colosseo come si è visto, perché con il gioco del vedo-non vedo ottiene il massimo del risultato con il minimo dell'impegno), ma si sa che la genialità e la fantasia italiane non possono essere ingabbiate in confini normativi troppo limitati. Dunque il must del momento è il tetto. Così, dopo il sequestro degli impianti natatori di molti circoli romani sotto inchiesta per il sospetto di abusi edilizi, tutti sui tetti a contestare, e poiché poteva anche darsi il caso che la protesta non incontrasse particolare favore popolare, ecco anche la minaccia di buttarsi di sotto, con relativo dispiego di pompieri, materassi e quanto altro fosse atto a scongiurare 11 dramma. A questo punto impressa una notevole cifra emotiva alla protesta e ottenuti giornalisti, forze dell'ordine e curiosi gli indomiti conquistatori di tetti si sono accorti che era venerdi, cominciava il week-end. Impossibile pensare a trattative per la riapertura degli impianti prima di lunedli, le previsioni del tempo minacciavano temporali (puntualmente verificatisi nella mattinata di ieri), poi ci sono le partite. Bali, si sono detti i ribeffi e fra loro l'aspirante suicida, meglio rimandare tutto alla settimana entrante. E sono scesi. Non so come andrà a finire la questione, e neppure se veramente si tratta di casi di abusi edilizi o meno, la faccenda prima opoi si chiarirà, almeno speriamo. Certo è che se veramente si sarà trattato di abusi edilizi owero di stupro col cemento del territorio non riesco a provare neppure un briciolo di solidarietà per nessuno degli attori di questa vicenda, neppure per i bambini che si ritrovano senza piscina per imparare a nuotare. Roma è la città pi bella del mondo, ma anche la città dove di questa bellezza si è fatto strame con il cemento libero e indiscriminato. Si pu vivere senza saper nuotare, ma si muore affogando nel brutto.



Simonetta Bartolini

giovedì 8 ottobre 2009

POVERI ELETTORI DEL PD


Lettera aperta a tutti quegli illusi che il 25 ottobre andranno a fare la fila e dare due euro ( sic!!) per eleggere ( in maniera fittizia si intende) il nuovo segretario ( lo stesso che nei circoli della Calabria ha preso più voti degli iscritti)
I muri delle città d'Italia sono state invasi da questi manifesti. Davanti urlano allo scandalo ( che scandalo non è assolutamente) e dietro fanno in modo che lo scandalo urlato passi.

Sì perchè, se 51 parlamentari del Pd non fossero stati assenti durante il voto sulla costituzionalità dello scudo fiscale sarebbe stata affossata.
Tra gli assenti Bersani, D’Alema, Franceschini, Rutelli, Realacci, Damiano. Probabilmente impegnati nella importante fase congressuale del Partito democratico. Quando sarà finito il congresso forse si accorgeranno che mentre si stavano litigando le spoglie di un partito mai nato hanno preso in giro i propri elettori per l'ennesima volta. Voi capite perchè di fronte a questa INCOMPETENZA e IRRESPONSABILITA' POLITICA al popolo della Sinistra non resti che idolatrare Santoro, Ezio Mauro, Patrizia D'addario e compagnia cantando...

6 CONTRO 9

Fonte: approfondimento pubblicato oggi ( 8 ottobre) su il quotidiano "Il Tempo"


Nove contro sei

Per capire l’assurdità della sentenza basta ricordare cosa fece la Corte riguardo al Lodo Schifani.
Allora, essa diede per superato il supposto vizio denunciato da chi riteneva che la sospensione dei processi per le massime autorità dello Stato dovesse essere approvata con legge costituzionale e non con legge ordinaria. E, infatti, il Lodo Schifani fu bocciato solo per violazione del principio di uguaglianza.



Fu una sentenza abnorme. La Corte, infatti, ammise che il trattamento di maggiore tutela delle più alte cariche dello Stato è giustificato. Ma annullò il Lodo Schifani per tre elementi minori lesivi del principio di eguaglianza, affermando: 1) che la tutela non era stata applicata solo ad organi politici, ma estesa anche al Presidente della Corte Costituzionale; 2) che il lodo non era previsto per tutti gli organi politici che avrebbero meritato di goderne; 3) che non fosse stata prevista la facoltà di rinunciare alla tutela.



La sentenza apparve assurda e politicizzata, dato che i motivi sui quali si fondava ben avrebbero potuto portare, come avviene di norma, ad sentenza interpretativa di rigetto e consentire la sopravvivenza del Lodo e la correzione di disposizioni di dettaglio illegittime.
Perciò il Parlamento ha approvato il lodo Alfano aderendo alle indicazioni della Corte. Ha escluso il Presidente della Consulta e ha previsto la rinunciabilità della tutela da parte degli interessati. Non ha esteso la tutela a tutti i parlamentari e ministri perché avrebbe significato reintrodurre in maniera più drastica le immunità previste dalla Costituzione prima della revisione del 1993. Era dunque logico attendersi una sentenza di rigetto che avrebbe salvato il lodo, tutt’al più con qualche integrazione o correttivo.



Ora… sorpresa! Questa volta la Consulta ha annullato il lodo Alfano sostenendo che occorreva una legge costituzionale e ancora che è violato il principio di eguaglianza. Una pronunzia sconvolgente.



Va aggiunto, inoltre, che i vizi rilevati non esistono. In effetti la tutela delle massime cariche dello Stato contro possibili attacchi di singoli magistrati politicizzati, la cui legittimità è stata già riconosciuta dalla Corte, ha un preciso fondamento costituzionale. Si tratta delle norme sulla separazione dei poteri e sulla stabilità ed efficienza dei supremi organi costituzionali. In altre parole, la deroga -se di deroga si tratta- al principio della soggezione dei cittadini al processo penale si fonda sui principi costituzionali e sulle disposizioni (artt. 67, 68, 70, 87 e 95 Cost.) che mirano al funzionamento delle istituzioni dello Stato.





E poiché tale “deroga” è solo attuativa di quanto già desumibile dalla Costituzione, essa ben può essere adottata con legge ordinaria.
Per rendersi conto dell’inesistenza della supposta violazione dell’art. 3 Cost., basta ricordare ciò che qualsiasi studente sa. Tale disposizione non vuole l’egualitarismo, ossia un identico trattamento per tutti i cittadini.





Il principio di eguaglianza comporta che devono essere trattati in modo eguale tutti coloro che si trovano in situazioni uguali e in modo diverso coloro che si trovano in situazioni diverse. Se così non fosse sarebbe illegittima la legge che prevede, per esempio, che quando un medesimo reato viene compiuto da un adulto o da un minorenne le conseguenze penali siano del tutto diverse.
Ed è indubbio che vi sono ampie ragioni perché le più alte cariche operative dello Stato debbano essere tutelate durante il loro mandato da iniziative giudiziarie che possono anche essere mirate ad impedire lo svolgimento delle funzioni istituzionali.





Anzi è un’esigenza di supremo interesse nazionale. Un tempo occorreva difendere il Parlamento dall’esecutivo; oggi occorre difendere il Governo dalle schegge impazzite del giudiziario. La caduta del Governo Prodi non ha insegnato nulla agli antiberlusconiani e alla Corte manca da tempo una visione istituzionale. Ma si spiega: essa riproduce malamente con nove voti contro sei la frattura del Paese.



Dott. Avv. Prof.


Achille Chiappetti
Ordinario di diritto pubblico de La Sapienza