sabato 30 agosto 2008

DIVINA COMMEDIA IN PILLOLE




Un pò di Divina Commedia male non fa. Pronunciare qualche frase a tavola, magari a cena con alcuni amici e\o colleghi, rende sempre fichi. Parafrasando Cristian De Sica in " compagni di scuola", può LETTERALMENTE "svoltare le risate". Allora ecco qua un pò di info su un passo poco conosciuto de L'Inferno. Sia chiara una cosa: nessun intento professorale. Ma un pò di sana divulgazione, quella si.

"Pape Satàn, pape Satàn aleppe" è un verso scritto da Dante Alighieri a inizio del Canto VII dell'Inferno.

Il verso è pronunciato da Pluto, che Dante pone come guardiano del Quarto Cerchio, e recita:

« «Pape Satàn, pape Satàn aleppe!»,

cominciò Pluto con la voce chioccia;
e quel savio gentil, che tutto seppe,

disse per confortarmi: «Non ti noccia
la tua paura; ché, poder ch'elli abbia,


non ci torrà lo scender questa roccia.» »
(Dante Alighieri, Divina Commedia - Inferno, VII, vv. 1-6)

Il verso, composto di sole tre parole, è celebre per il suo scandito ritmo di metrica, che gli dà il tono di un'invocazione a Satana (l'unica parola riconoscibile). Secondo alcuni critici si tratta di un'espressione inventata, ma secondo altri ha elementi etimologicamente riconoscibili.

Dalle scarne informazioni di Dante sappiamo che:

Virgilio lo capisce (quel savio gentil, che tutto seppe);
Che è solo l'inizio di qualcos'altro (cominciò Pluto...);
Che è un'espressione di rabbia ("Taci, maledetto lupo! / consuma dentro te con la tua rabbia.");
Che ha un effetto di minaccia verso Dante ("Non ti noccia / la tua paura; ché, poder ch'elli abbia / non ci torrà lo scender questa roccia").
La parola Satàn ripetuta ben due volte e la parola Pape che assomiglia a un imperativo latino (sebbene non esista alcune verbo riconducibile) fa pensare a una preghiera o a un'invocazione del maligno contro gli intrusi (tanto che Virgilio ripete, leggermente variata, l'espressione "vuolsi così colà..." ).

Dante probabilmente intendeva dare un senso, seppure oscuro, alle parole demoniache mettendo almeno qualcosa di riconoscibile (Satàn), ma lasciando quell'indeterminatezza minacciosa, dove chiunque potesse immaginarvi il significato che più lo spaventasse. Questo è un espediente usato ancora oggi, per esempio nel cinema horror, dove una scena non mostrata esplicitamente, ma solo fatta immaginare allo spettatore tramite allusioni, può risultare più spaventosa di una girata nei minimi dettagli.


Possibili spiegazioni [modifica]
Pape (o papè) potrebbe essere una resa del termine latino papae, greco παπαί papaí, un'interiezione di stupore o di stizza, attestata negli autori antichi (come il nostro Accidenti!)[1].
Aleppe potrebbe derivare da alef, la "A" dell'alfabeto ebraico (già alep in quello fenicio, che divenne alfa in quello greco). La deformazione fonetica di alef in aleppe sarebbe analoga a quella del nome Yosef in Giuseppe. In ebraico alef significherebbe anche "numero uno", ovvero "il principio che contiene il tutto" e ciò corrisponderebbe a un attributo della maestà di Dio. Nel tardo medioevo un'espressione del genere sarebbe stata in uso interezione (come oddio!)[1].
Quindi la frase sarebbe, assieme all'interpretazione di altri esegeti, un miscuglio di latino (papae, genitivo di papa), greco (satan, col significato di "avversario") ed ebraico (aleph o alef prima lettera dell'alfabeto ebraico) e significherebbe "Primo nemico del papa".
Domenico Guerri, che fece una accurata ricerca nei glossari medievali nel 1908[2], le interpretò come "Oh Satana, oh Satana Dio", intese come un'invocazione contro i viaggiatori.
Abbūd Abū Rāshid, primo traduttore arabo della Divina Commedia (Tripoli, 1930 - 1933), interpretò questi versi come una traslazione fonetica di una parlata araba, e li tradusse come Bāb al-shaytān. Bāb al-shaytān. Ahlibu ("La porta di Satana. La porta di Satana. Proseguite nella discesa"). Si osserva che, secondo alcuni studiosi islamici, Dante avrebbe tratto alcune ispirazioni da fonti islamiche arabe.[3] Egli infatti non disprezzava il mondo musulmano a priori: se relegava Maometto tra i dannati, egli nominò però ben tre musulmani tra gli Spiriti magni del Limbo: Saladino, Avicenna e Averroè. I dubbi di questa interpretazione nascono però dal significato accondiscendente che non è in linea con quanto suggerito nella narrazione circostante. Si osserva che comunque Dante non conosceva l'arabo e forse voleva solo ricreare la suggestione di quella lingua ascoltata; si è d'altra parte ipotizzato anche che Brunetto Latini, suo amico, possa averlo avvicinato ad elementi della cultura islamica, da lui conosciuta durante gli anni vissuti ad Oviedo nelle Asturie.
Potrebbe essere una frase senza senso, pronunciata con l'intento di confondere i deboli (in questo caso Virgilio e Dante, che l'ascoltano) così come le frasi in latino dette da presunti "dotti" per impressionare il pubblico.
Esiste anche una teoria, poco accreditata ma senz'altro interessante per capire la varietà di suggestioni che queste parole hanno suscitato negli studiosi, che interpreta le parole come una traslitterazione dal francese: "Pas paix Satan, pas paix Satan, à l'épée" ("Niente pace Satana, niente pace Satana, alla spada"). Un'altra interpretazione dal francese è "Paix, paix, Satan, paix, paix, Satan, allez, paix" ("Pace, pace, Satana, pace, pace, Satana, andiamo, pace")[1].

venerdì 29 agosto 2008

FOTO E ULTIME DEL VIAGGIO


Royal crudite a Biarritz


Motociclista a Foix.


Che goduria....


Montecarlo. Nastri di partenza della Formula 1


Ruschio motociclista


Surfiste in pausa a Biarritz


Scuola di surf a Biarritz



Ecco qua le foto delle ultime tappe del viaggio, 4250 km dal Tirreno all'Adriatico passando per l'oceano Atlantico. Ultima tappa a Montecarlo e Portofino. Il principato mi mancava. Altra bandierina. Come sapete nel principato è vietato l'ingresso a camper e roulotte. Infatti gli unici due camper incontrati mentre percorrevano la curva del Casino erano targati Roma e Torino. Nel Principato è pieno di isole pedonali dove le auto non possono entrare. L'unica Volvo che a marcia indietro si faceva strada tra i tavolini del bar era targata Imola. Le auto per le strade del Principato sono tutte di grossa cilindrata. La auto più sfigate sono le Bmx X 5 o qualche Minicooper cabrio, ovviamente "S". L'unica panda che circolava contromano? targata Padova. Che risate... ecco una selezio. ne di foto.
E grazie a tutti per l'attenzione. Concludo citando Darwin " non è l'uomo a fare i viaggi, ma i viaggi a fare l'uomo". L'importnte, aggiungo io, è saper viaggiare.

BIARRITZ

Biarritz, patria dei surifsti. Una decina d’anni il mio amico Luca di ritorno da un viaggio in questi posti mi disse: “ se uno come te va a Biarritz impazzisce”. Non che lo avessi dimenticato il suggerimento. E’ solo che dovevo avere l’occasione buona per arrivare e bagnarmi sull’atlantico. E così sabato sera siamo arrivati sulla costa sud occidentale della Francia, quella bagnata dall’Atlantico. Prima uno sguardo a Cape Breton e poi via a Biarritz, per vedere se Luca avesse ragione. Aveva ragione. La prima notte qui mi sono sognato una slogan: Biarritz, terra degli invidiati. Da qui inizia la parte basca della costa atlantica. Ed io, ignorante, che pensavo che i paesi baschi fossero solo nei confini spagnoli mi sono dovuto ricredere. Questa cittadina affacciata sull’Atlantico può essere descritta mixando un di caratteristiche di alcune dello località marittime più famose. Come Rimini per l’organizzazione, come Montecarlo per il suggestivo arroccamento tra colline e mare, al pari di Porto Fino per l’eleganza della gente, come Sabaudia per la lunga spiaggia e come Honululu per le migliaia di surfisti che vengono qui da ogni parte d’Europa per cavalcare le onde. Che non stai nel mediterraneo lo capisci da molte cose: dai corpi bianchi come lenzuola tutti incremati ( tedeschi, inglesi), dal fatto che non ci sono venditori di collanine, asciugamani, parei ma soprattutto che ci sono centinaia di surfisti tutti belli ed abbronzati. Tra questi uno ha provato per tutta la giornata a cavalcare le onde con il suo bodyboard affittato al costo di 6 euro l’ora. Su oltre cento cavalloni ne ha cavalcati appena tre per il resto: ruzzoloni, inabissamenti e incornate contro l’oceano. Il tutto con le chiappe al vento perché le onde portano via tutto quanto. Per la cronaca: quel surfista improvvisato ero io. E le mi chiappe pallide sono state viste da tutta la spiaggia. Altri due italiani incontrati erano dei milanesi e il quarto indossava la maglia della Roma e leggeva la Gazzetta dello Sport. Dove l’abbia trovata non so propri o dirvelo. Intendo la Gazzetta. Visto che Biarritz è la terra degli invidiati, ci qualche bell’invidiosone devo aver fatto un bel wodoo contro di noi. Moto in panne e macchina fotografica smarrita. Due imprevisti che ci hanno obbligato a prolungare il soggiorno di un’altra notte in attesa che la moto venisse riparata. Questi due incidenti ci hanno permesso di conoscere in modo ancora migliore questa deliziosa cittadina. Siamo infatti entrati in contatto con: harleista selvaggio che ci ha prestato soccorso, Ppolizia, polizia municipale, pronto intervento moto e autofficina Moto Star. Certo luoghi e persone poco frequentati da turisti e che hanno fatto emergere la gentilezza di questa gente. Nel frattempo dobbiamo registrare visita al Casinò. Per tutta la serata ho atteso e sperato che uscisse il 26 alla roulette. Invano. Ora capisco cosa prova chi aspetta, sempre invano, i mezzi pubblici. Bilancio della serata catastrofico: 70 euro di passivo. Nonostante tutto questo posto si è scavato una breccia nel mio cuore merito anche di un ristorantino niente male nel porto vecchio. Qui ho mangiato un crudo di gamberi, molluschi e crostacei di rara freschezza e bontà. In assoluto la miglior cena a base di pesce della mia vita. Il ristorante merita assolutamente di essere segnalato. Se passate da queste parti deve essere tappa obbligatoria.

Restaurant du port Chez Alberto , Port des pecheurs , 64200 Biarritz , tel + 33 (0)5 59 24 43 84

lunedì 25 agosto 2008

POST VELOCE VELOCE

Breve post per scusarmi con tutti per i refusi che trovate nel mio diario. La fretta è tanta, laa connessione rara e così nn sempre rileggo. Ora sono in un paesino a cavallo dei Pirenei. In albergo ho adocchiato connessione. Domattina aggiornamento.

DIARIO FRANCESE

Se vuoi capire un popolo guarda come mangia. Se ne vuoi conoscere anche i vizi recati con loro in un supermercato. D’altronde se ci pensate bene solo dei maniaci come i giapponesi potevano creare il sushi, mentre se penso ai tedeschi ho difficoltà ad immaginarli con dei piatti che non siano wurstel e crauti. Gli scandinavi, ostaggio delle loro patate e delle loro acciughe secondo me non sono nemmeno in grado di cucinarli certi piatti mediterranei. I francesi hanno una cucina elaborata. Per lo meno al ristorante. Non hanno delle trattoriole da quattro soldi come possiamo avere noi, o per lo meno io non l’ho trovate. Certo, se volete risparmiare la scelta non manca, ma dovrete accontentarvi del ristorante indiano, del bufalo grill ( una catena che da queste parti va forte). O di un piatto unico con le patatine fritte. Ad ogni modo lo charme francese si ritrova nella loro tavola. Le tavole di ogni paese raccontano la loro storia, le loro latitudini e le proprie tradizioni. Odio a morte quegli italiani che all’estero vanno alla ricerca del ristorante italiano. Qui nella francia sudoccidentale si avverte la vicinanza con la Spagna oltre che per la numerosa presenza di targhe delle automobili anche per le corride con i tori ( qui però i bovini non vengono matati, ma solo utilizzati a fini ludici, così assicurano le guide locali) e per l’insistenza con la quale nei vari ristoranti ti viene offerta la paella. Delle influenze spagnole in terra francese parleremo dopo, quando affronteremo la parte legata a Biarritz. Entriamo invece in un supermercato, tanto grande quanto piccolo è il paesino che lo ospita. Il Carrefour di Mont de Marsan. Ho notato come esistano delle casse adibite a chi vuole pagare esclusivamente con le carte di credito. In questo si avverte una forte “statunitensazione” ( se dicessi “americanizzazione” zio Giuseppe, fine linguista, mi bacchetterebbe), in alcune quindi casse è proibito pagare in contanti. Una cosa che mi è saltata subito all’occhio è la lunghezza dello scaffale riservato al burro e alla margarina. Più burro in realtà. Ne esistono di tanti tipi. Con alcuni si cucina, con altri si fa colazione, altri ancora ti vengono serviti in piccola porzione su un piattino con del pane nero ad inizio pasto. Qui ho avuto modo di apprezzare il Rocquefort, un formaggio molto simile al nostro gorgonzola. Nei tre giorni da zio Giuseppe siamo stati immersi nel verde più verde che c’è. Tre giorni di vita contadina e puro relax con i miei goffi tentativi di iniziare a parlare francese. Mi aspettavo di non incontrare italiani. Ed infatti così è stato. Da queste parti a memoria d’uomo non si ricorda l’arrivo di un nostro connazionale. L’unico che parlasse italiano, oltre allo zio, è stato un ragazzino rom di tredici anni. D’inverno vive ad Acilia nel campo nomadi, l’estate viene qui in vacanza da non so chi. Ci ha intercettato alla pompa di benzina e ci ha chiesto due litri di benzina in omaggio. Questi zingarelli si allenano ad elemosinare anche nei mesi estivi. Nel prossimo aggiornamento parleremo di Biarritz. La patria dei surfisti. Dove ce ne sono successe delle belle.

venerdì 22 agosto 2008

TERRE FRANCESI

Dopo oltre 300 km di strada siamo giunti nel parco regionale delle lande di Guascogna, a 80 km dalla costa atlantica. Il primo pensiero che mi è venuto arrivando qui è stato che fosse un luogo dimenticato da Dio. Alberi al alto fusto sempreverdi in ogni dove, la strada a tagliare queste conifere e di tanto in tanto casette che sembrano fatte di marzapane, pandispagna e glassa zuccherata. E il cellulqre che non prende. Ora che scrivo affogato nel silenzio più assoluto mi chiedo se Dio abbia invece abbandonato le nostre città, rumorose e trafficate, e abbia deciso di rimanere in pianta stabile qui. Siamo nella casa di zio Giuseppe, immersi nel verde, circondati da alberi e in compagnia dei suoi cavalli. Le prime case abitate sono a circa 3 km. La prima farmacia a 25. Per fare il pieno e comprare del formaggio e del vino locale oggi abbiamo percorsa una sessantina di chilometri. Lo zio Giuseppe: persona di profonda cultura. Un peccato, per noi tutti, che per arricchirci di lui si debba venire fin quassù. Se ci potessi scambiare due chiacchiere più spesso a Roma male non sarebbe. Mi sono sempre piaciute le persone con una profonda cultura e orfane del fare professorale. Ma forse Giuseppe è come quei quadri di Monet, che in queste terre amava ispirarsi, ha bisogno della cornice adatta per trasmetterci il suo sapere. Gohete sosteneva che “la vita è l’arte dell’incontro”. E di incontri in questo breve viaggio tra l’Italia e la Francia se ne stanno facendo di molti. La connessione ad internet è difficoltosa, ma non demordo. Zio Giuseppe è stato così gentile da farmi accomodare sul suo pc. L’aggiornamento del viaggio procede anche se ho saltato una giornata. Un grazie a tutti coloro che mi seguono e che virtualmente mi fanno compagnia. Ora vi voglio regalare una sequenza fotografica. Di solito quando in un giornale si va di fretta o si ha qualche impedimento si maschera il tutto pubblicando delle foto con didascalie descrittive. E’ un po’ quello che farò oggi. Ho molte cose da raccontare, lo farò appena mi sarà possibile avere una connessione più veloce e pratica. Nel farlo vi saluto con un detto francese imparato oggi. “ Non scureggiare al di sopra del tuo culo”.Mutuiamolo e rivendiamocelo.

CARCASSONE
Ecco il castello delle fiabe. In realtà è la cittadella fortificata meglio mantenuta di tutte quelle presenti in Europa. La sua storia risale al 1209. Oggi dentro la cittadella è tutto un ristorante, un bar e una brasserie. Carina, merita la visita di una giornata. Consiglio l’audioguida a 6 euro. Altrimenti vagherete come deficienti e, anziché essere in un posto ricco di storia vi sembrerà di stare a Gardaland.



SUPERCOLAZIONE
Questa la colazione al 4 stelle. Pensavo fosse compresa nel prezzo. Mi sbagliavo. Praticamente ci è costata come una notte in un 2 stelle



Motociclisti durante una pausa all’autogrill.



80 km di questa strada e si raggiunge la fattoria di zio Giuseppe e zia Pilù. Chi ama la motocicletta può capire il mio stato di esaltazione



Altro che i chips…



Avvincente partita a scacchi tra me e Giuseppe





SCAFFALE DI VINO FRANCESE
Scaffale di vino Bordeaux. Molto buono. Ricorda un aglianico per la struttura, ma nel retrogusto ho assaporato del Chianti.

mercoledì 20 agosto 2008

TRA TORI E CAVALLI FRANCESI....

Una croce, un cuore e un’ancora. Racchiuse dentro un unico simbolo. Siamo in Camargue, dove sfocia il Rodano, si allevano tori e le case hanno i tetti spioventi rivolti verso nord. La Camargue è tra Montpellier e Marsiglia. Sembra di stare nelle campagne ferraresi, tutto pianeggiante e nessuna collinetta. La vegetazione più scura e i ciclisti che indossano il casco ti fanno capire che invece sei appena entrata nel parco nazionale della Camargue. Bene, cosa si sono inventati questi francesi? Una serie di attrattive per calamitare moltitudini di turisti da ogni parte d’Europa. Tedeschi? Presenti. Spagnoli? Presenti. Italiani? Onnipresenti. Gli italiani li riconosci subito. Sono quelli che fanno le foto con il cellulare a qualsiasi cosa sia degno di essere fotografato. Gli altri fotografano lo stesso, hanno almeno dato la soddisfazione alla Canon o alla Nikon di acquistare qualche macchinetta fotografica. In una distesa di pianura senza interruzioni il Rodano si divide in mille rivoli. Gli aironi qui se la spassano. I cavalli abbondano. Sia allevano Tori e si produce riso. È bastato questo agli autoctoni per organizzare gite a cavallo, gite in trenino ( molto simile a quello di Villa Borghese), gite in kayak, gite sul barcone, gite in quad e , udite udite, gite in jepp. Land Rover per essere più precisi. In tutte queste gite si promettono avvistamenti della flora e della fauna. Provare per credere. Tra le varie offerte si è optato per quella “ meno turistica”, la gita in Land Rover, ribattezzata astutamente “Safari fotografico”a stretto contatto con la natura. Illusi. Non può esserci nulla di “ meno turistico”, quando sulla jeep salgono: due tedeschi rosolati dal sole, simpatica famigliola di Belluno, motociclisti italiani e due francesi trasandati armati di supermacchine fotografiche, zoom giganti e gilet del vero fotografo. Se quello che ho fatto ieri è un Safari canto “Bella ciao” alla prossima festa dell’Unità. I tori, orgoglio della Camargue, pascolano beati, i cavalli sono addomesticati e come vedono una jeep si mettono fronte obiettivo. Gli aironi si nascondono dietro i tori. Ogni tanto si incrociano qualche fila indiana di cavalli bianchi tipici di queste terre. Sopra intrepidi cavallerizzi dominano queste bestie addomesticate e telecomandate. Per non cadere in depressione le jeep li circondano e scaricano contro di loro centinaia di clik. Tra questi c’è un italiano che fa le foto con il cellulare. Sono io. Per fare due ore di passeggiata su una jeep di trent’anni fa guidata da un francese di mezzaetà , puro sangue Camarguese ha tenuto a precisare, ho speso 40 euro. La prossima volta faccio il giro in trenino e mi porto l’Autan. Diciotto. Diciotto cosa? Le punture di zanzare rimediate, di cui nove sul polpaccio sinistro e quattro sul braccio, sempre sinistro. Sono sicuramente zanzare comuniste. All’interno dell’ufficio turistico non ho trovato un volantino, una brochure, un pieghevole che parlasse delle zanzare. Tutti a osannare aironi e cicogne. E se chiedi alla ragazza alla cassa cosa ti consiglia ti risponde: “ è tutto bello in Camargue”. Se le zanzare sono comuniste la ragazza è democristiana doc.

ATTENTI ALLE FOTO

Beppe Severgnini, in “Italiani con valigia”, diffida sempre di andare a mangiare in quei ristoranti che mostrano le fotografie dei loro piatti. A “Le Marie del Mar”, questo è praticamente impossibile. Ritratti di paelle, fotografie sbiadite di omelette, foto elaborate di crepes, maxi poster di insalatone. Ho girato mezz’ora alla ricerca di una Brasserie che non avesse le foto fuori dal locale. Impossibile. Alla fine si è optato per un locale meritevole di aver messo le foto piccole. Per una crepe e una birra si è girato fin troppo. I francesi impazziscono per il gelato non gelato. Nel corso della città ho trovato una fila indescrivibile di fronte ad una gelateria che propinava i seguenti gusti: pop corn, pomodoro e basilico, marx, twix, whisky, red bull e vodka. Il gusto più normale dell’ampia scelta: crema catalana.
In questo paesino di tremilacinquecento anime d’inverno, e di trentamila l’estate, tutto ruota attorna alla pianura, ai tori e ai cavalli. Il vino rosso di qua cresce sulla sabbia e ha un gusto simile al nostro SAN GIOVESE. Le case hanno un piano solo perché il forte vento del nord, il Mistrat, scoperchia tutto. Anche gli alberghi hanno un solo piano, ma tante camere per ospitare gli intrepidi cavallerizzi. Hanno capito come fare qualche quattrino. Potrebbero provare anche nella bassa ferrarese ad organizzare una cosa del genere. Li non hanno i tori camarghesi, in compenso hanno le romagnole. E questa la giornata di ieri. Nella sera siamo arrivati a Carcasson, delizioso borgo medioevale, con tanto di castello, mura, guglie, ponte elevatoio e negozi di souvenir che vendono le palle con gli spunzoni e gli elmi di ferro. Qui è alta stagione e non si trovo posto in albergo a meno che non si abbia prenotato o non ci si rivolga ad un 4 stelle il “Domain d’auriac”. Non avendo prenotato ci siamo dovuti “accontentare” del 4 stelle, con piscina, campo da golf, parcheggio custodito e un bagno grosso come un monolocale in centro. Ho trovato degli asciugamani con delle forme così insolite che ancora non ho capito quali parti del corpo debbano asciugare. Misteri della toielette. Ho scoperto poi che anche i giocatori di golf corrono, appresso a cosa non l’ho capito, ma dalla finestra della camera stamattina ho visto correre con la mazza in mano un paffuto signore per tutta la discesa. Ora andrò a pagare e il sorriso mi si spegnerà. Il solito tacccagno penserà qualcuno di voi. Macchè, per quello che pago meritavo, oltre al cameriere coreano che parla italiano con accento spagnolo, anche la connessione ad internet gratis. E invece no. Tocca pure pagarsela. Per questo utilizzo la mia pennetta wind. E per questo dovrò rimandare l’inserimento delle foto al prossimo collegamento.

martedì 19 agosto 2008

TERRE FRANCESI


Piazzetta di Aix En Provence

Dalle langhe cuneesi al confine francese sono circa centocinquanta chilometri. Da percorrere tra curve e raffiche di vento ( in direzione Carcare, provincia di Savona, la benzina più economica del viaggio 1,400 euro a litro). L'autostrada ligure rimane insieme alla Salerno Reggio Calabria la peggiore d'italia. Qui in Liguria hanno le curve, in calabria i calabresi. Chissà chi sta peggio. Le curve non si addrizzano, qualche calabrese di buona volontà potrebbe nel corso degli anni raddrizzare la propria mentalità. L'argomento è bollente e lo lascio subito. In Francia ti aspetti di trovare francesi scontrosi e saccenti. Di quelli che le indicazioni te le danno solo in francese, fischiettano la marsigliese, sono orgogliosi del loro primo ministro che si spupazza la Bruni e guardandoti sembrano dirti che siamo tutti fratelli di Materazzi: brutti, provocatori e tatuati. Il mito del francese con la puzza sotto il naso per ora non c'è. Al massimo abbiamo assaporato il profumo della lavanda una volta entrati in provenza e scoperto che agli autogrill non c'è il bancone. Tutto self service. Gli italiani disperati non possono ordinare il loro "cappuccino con caffè caldo e latte tiepido senza schiuma in tazza di vetro e con la bustina di Dietor". Capirete il disagio. Si arriva ad Aix en Provence, cittadina di 130 mila abitanti.Si avverte, con una certa felicità, di aver abbandonato l'Italia. Anche se gli italiani non mancano mai. L'Italia, Roma, non ti abbandona mai. All'autogrill di Savona, mentre fai la pipì, una targhetta piccola piccola di alluminio all'altezza dei tuoi occhi ti avverte che la toilette è igienizzata automaticamente ad ogni utenza. L'azienda produttrice è a Pomezia, Roma. I cessi francesi sono più discreti. Le aziende che igienizzano la toilette dopo le minzioni evitano di farsi pubblicità anche nei bagni. Ai francesi invidio due cose. Anzi tre. 1, la musicalità della loro lingua quando è in bocca ad una donna. La rende inevitabilmente più femminile, una cuoca in sovrappeso di Grottaglie, se anzichè parlare pugliese stretto parlasse francese risulterebbe molto più sexy. 2, lo charme con il quale vanno in giro. Lo charme è quel buon gusto che non sconfina mai nell'eleganza. Ed in effetti non sono eleganti, si vestono male, hanno delle scarpe orrende e i colli delle camicie sono davvero anonimi. Ma si muovono come se fossero i più eleganti del pianeta. Le ragazze in strada non camminano, sfilano. La terza cosa che invidio loro sono Platini e Zidane. Due campioni così li avrei visti meglio da noi. Magari allo stadio Olimpico e con la maglia della Roma indosso. Dunque, se il destino vi portasse in questa cittadina la prima cosa da fare è andare all'ufficio del Turimso. Qui vi daranno le informazioni che cercate e una ragazza cicciottella con le unghie laccate vi prenoterà dove dormire. Sembra una molisana fuorisede di San Lorenzo. Invece è francese. Noi abbiamo dormito da Luc, un simpatico ragazzo, che prepara personalmente le marmellate con le quali si farà colazione la mattina. Bed and Breakfast l'Epicere, 12 rue du cancel - 13100 Aix En Provence - 00310608853868. Molto grazioso e accogliente. Ha trasformato quello che era un garage in un sala colazione molto particolare. Luc è un attore di teatro e la sua creatività si rispecchia nel suo B&B. Continuo a ripeterlo, se potete evitate i grandi alberghi e cercate queste strutture piccole e curate. Hanno un cuore e un anima. Gli altri un portiere alla reception gentile per contratto. Si cena in un ristorante vicino " Le Poivre d'Ane", 40 Place des Cardeurs , 00310623475204, le poivredane@club-internet.fr. Ecco qui cosa ho mangiato:
Entrees: Hamburger de foie gras poele, chutney de clementines
Plats: Coeur de rumsteak au "poivre d'ane" brulè, tatin de tomate aubergine, beurre de soja.
Dessert: figues roties, sabayon glace, creme au mascorpone.
Cosa sono questi piatti? Non ponete questi quesiti così provinciali. Per scoprirlo dovete venire fin quassù. Alla prossima. E bravo Luc che ha il wireless.


Luc con le sue marmellate

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Io che me la godo...


domenica 17 agosto 2008

LANGHE PIEMONTESI

Fassone piemontese. Carne cruda macerata nel limone. Una squisitezza



Oggi giornata di riposo e relax nella casa del mio direttore Giorgio Medail. Giorgio ha comprato questa bellissima casa sulle colline piemontesi quattro anni fa. Le colline sono verdi e intense, pieni di querce e con le poiane che in solitaria dominano dall'alto la vallata. Qui si producono le nocciole dolci più ricercate del mondo. La Ferrero le utilizza per le sue prelibatezza ciccolatose. A Cortemilia, paesino di un migliaio di anime, ci sono tre bancomat, due edicole e la confraternita degli amici delle nocciole. Qui troverete la pasticceria Canobbio dove si producono i dolci alla nocciola famosi in tutto il continente ( piazza Molinari 1, tel 017381262 ). Da qualche anno le figlie del titolare (un baldo vecchietto sulla soglia dei 70) hanno ristruttura un casale sopra la pasticceria. Ne hanno ricavato cinque belle camere. Camera doppia con colazione in pasticceria 85 euro. Impossibile vedere la struttura. La signora Paola ha pensato a tutto, lenzuola rifinite, bagni eleganti, illuminazione ricercata, asciugamani di Frette, porte originiali del 600, lampadari di Murano. Si sono "dimenticati" di allestire un sito internet degno di questa elegante struttura (c'è solo la mail lacortedicanobbio@alice.it). In questo viaggio tra le particolarità e le bellezze dell'Italia non è la prima volta che incontriamo attività di ristorazione o di ricettività turistica senza sito internet. Questi signori hanno un amore smisurato per le proprie terre, passione nel farle conoscere a chi li va a trovare, ma poca capacità di sviluppare percorsi promozionali che vadano oltre il classico bigliettino da visita. Questo, è bene ricordarlo, lo si prende una volta arrivati sul posto. Internet aiuta ad arrivare in quel posto. Anche questo aiuta a promuovere le bellezze italiane. Qui i turisti che arrivano sono turisti a cinque stelle. Intenzionati a conoscere, motivati e pronti a spendere. Non sono quelle carovane allucinate che inseguono il mito del "all inclusive" a 5 euro. Per fortuna aggiungo io. Ora bisogna solo farne arrivare di più. La Pasticceria Cernobbio corrobora una mia vecchia convinzione: l'iniziativa dei privati, coniugata dalle virtù delle terre e ai suoi frutti rappresentano il vero petrolio italiano. Ieri sera Giorgio ci ha intrattenuto raccontandoci la nascita di Mediaset. Iniziò a collaborare con Silvio Berlusconi nel 1972, non esisteva Mediaset e Galliani faceva l'antennista e mia madre votava Dc. E' stata una serata memorabile per chi, come me, ama, lavora ed è cresciuto con la televisione commerciale. Un Dolcetto d'Asti, insieme alla carne alla brace e ai formaggi tipici del posto hanno magnificato il tutto. Ragazzi quanto si mangia bene in Italia. Un pensiero va al mio amico Pikkio e ai suoi salmoni scandinavi. Grazie a tutti coloro stanno seguendo in questi giorni il blog.

Casa di Giorgio


Vista da casa di Giorgio. Le langhe piemontesi



Pausa pranzo

sabato 16 agosto 2008

MANTUA ME GENIT, CALABRI RAPUERIT,TENET NUNC PARTENOPE...

Più di Godzilla, più dell’inflazione, più del ritorno di Prodi. Ben altro terrorizza gli abitanti di Mantova al punto da non farli dormire la notte: le telecamere che controllano l’accesso al centro storico. Arrivi in città, chiedi una informazione su un orario di un museo e loro ti parlano preoccupati del varco al centro storico. E’ la prima cosa che ci ha detto il gelataio, l’unica raccomandazione dell’albergatore, il monito severo di un passante. Non so se all’inferno ci siano i varchi con telecamere che controllano il passaggio da un girone all’altro. Ad ogni modo Dante affidandosi a Virgilio si è messo al riparo anche da preoccupazioni di questo tipo. Chiamalo fesso. Lo zelo dei mantovani deve essere il loro comune denominatore:la città è un vero gioiellino. Merita una visita di almeno due giorni e l'arrivo di sera è molto suggestivo ( se avete due euro in più spendere andate al bed and breakfast San Domenico, un po’ caro ma vale la pena ed è al di qua dei varchi elettronici). Del Mantegna non vi parlerò perché trovate tutte le notizie su altri siti più seri di questo. Idem dei Gonzaga oltre a saperla molto lunga, da queste parti se la suonavano e se la cantavano. Parliamo invece della cena. L’aspetto enogastronomico in queste terre sulla sponda meridionale del Po è di prim’ordine. A via Trieste 11 trovate l’Osteria dei Ranari ( tel 0376328431, osteriaranari@libero.it , chiuso il lunedì), ordinate fritto di rane, un piatto di lumache e ravioli di zucca. Se non lo fate la maledizione delle telecamere del centro storico di abbatterà su di voi. A Mantova è in atto la dittatura delle biciclette. Qui il motto è: hai voluto la bici? Ora comanda. Alle bici tutto è concesso. Se uno scugnizzo dei bassi napoletani dovesse fare uno scippo in bicicletta avrebbe senz’altro uno sconto di pena. E così in questa orgia di pedali, cambi, cestini i ciclisti di Mantova dettano legge e infrangono tutte le regole (vedi foto sotto).



PARADOSSI ITALIANI

Nessuna altra nazione al mondo può vantare una cucina varia, ricca, saporita e ricercata come la nostra. Ecco alcuni cartelli rinvenuti durante il tragitto : “Benvenuti a Ferrara, città delle biciclette e del San Giovese”, “ qui cresce il ricercato melone delle valli del Po”, “ Cremona città dei violini e della mostarda”, “ Imola, città di motori e piadine”, “ Cortemilia, terra della nocciola dolce”, “ Mantova, città delle rane e delle lumache”.”Alba capitale del tartufo”. Non vi aggiungo l’elenco dei formaggi, dei tipi di pane presenti nei vari ristoranti. L’unica cosa sempre uguale che si incontra sono i negozi che propinano kebab. Insegne luminose e zero fantasia: “Kebab Mantova”, “Kebab Imola”, “Kebab Alba”. Che barba. Guardi dentro: pieno di italiani e qualche tedesco inebetito dall’odore della cipolla. De gustibus non dispuntandum est.

VERSO LE LANGHE

La strada che da Mantova conduce a Cremona continua tra pianure, odore di fave, casette da un piano. La cosa più alta che incontri è il cartello dell’autovelox che segnala la velocità di crociera. Cremona è un piccolo centro leccato da capo a piedi, in mezza giornata si visita. Fate un salto al vecchio negozio Sperlari, se siete ghiotti di mostarda e torroni questo è il posto adatto. Fuori città il benzinaio più economico del viaggio: benzina a 1,431 euro al litro. Lasci la culla di Stradivari e Vialli e cominci da lontano a scorgere le colline. Finalmente l’occhio può poggiarsi su qualcosa di concreto anziché impaludarsi guardando solo pianure senza fine. Le langhe cuneesi sono ad un ora di moto. Nel frattempo mi domando perché agli autogrill gli uomini che scendono dalle proprie auto raggiungono il minimo storico per eleganza, stile e portamento. Non siamo da Pitti Uomo, ma solo alle soste sull’autostrada un essere umano riesce contemporaneamente a sgranchirsi, grattarsi le parti basse, urlare alla moglie qualcosa di inutile e ciabattare rumorosamente mentre si avvia alla toilette. Vuoi vedere che sono stati colti dalla maledizione delle telecamere del centro storico? Prossima puntata: le Langhe. Sarò ospite a casa di Giorgio Medail, uno degli uomini che ha fatto la storia della tv italiana.

Fotografia sul fiume Po



Tratto di strada che da Ferrara conduce a Mantova



Colazione mantovana. Un litro al self service un euro. A Roma un litro alla Gs 1euro e 60


Vita frenetica a Mantova

venerdì 15 agosto 2008

FERRAGOSTO IN PIANURA



Nella pianura padana trovi o la nebbia o tutto il resto. Se capiti d'inverno o in autunno incontrerai la nebbia. D'estate tutto il resto. Gli autoctoni del luogo consigliano di venire qui l'estate. Ed infatti in questo ferragosto trascorso nella parte orientale della pianura padana incontriamo di tutto. Vigili in bicicletta, case con i tetti bassi e colorati, aironi e pianura. E ancora: risaie, coltivazioni di pannocchie, autovelox e pianura. Non è finito: alberi di peri, alberi di pesche, canali, odore di brace, funghi e pianura. Non una collina,non un montarozzo, non una ascesa verso il cielo. A perdita d'occhio solo pianura e dolci strade tutte dritte. Capisci perchè Ferrara è la città delle biciclette ( il mio amico Alessandro, noto ciclista indomito qui impazzirebbe, salvo morire di pizzichi dopo poche ore). Orgogliosamente te lo ricorda un cartello all'ingresso di questa città. Qui il mio amico e collega Nitro Botti ci ha illustrato il castello dalla facciata ovest, il castello dalla facciata sud, il castello dalla facciata nord. Il lato orientale lo abbiamo evitato scientemente. Siamo visitatori politicamente scorretti. Trentacinque chilometri di strada e arriviamo a Iolanda di Savoia, tre case perdute tra aironi e risaie. Ristorante "Le Contane",niente sito, niente mail solo l'indirizzo (via del Po 31, località LE CONTANE 0532 837100) primo romano in assoluto a varcare la soglia di questo ristorante. Se avessi palesato le mie oriigini sarei stato l'eroe del giorno. Di persone che nn siano romagnole o venete se ne vedono davvero poche da queste parti. Ricca mangiata ferragostana a base di carne alla brace, tutto molto buono. Ed il San Giovese a volontà aiuta e rende tutto più bello. Gli Emiliani e i Romagnoli badano al sodo. Da Ferrara a Mantova sono una novantina di km, tutti da fare sulla ss 69, una delle strade più belle da fare in moto, tra casette di un piano tutte leccate, decine e decine di paesini, decine e decine di canali, pescatori e pianura. Quando all'orizzonte compare una ciminiera Mantova è vicina. E' la città bellezza, con tanto di varco elettronico per il centro. Mantova: meno di 40 mila abitanti. Come un condominio sulla Tuscolana. Della città di Virgilio parleremo domani.

PREDAPPIO E I COLLI BOLOGNESI

14 AGOSTO ORE 13

Ti accorgi di abbandonare l’Umbria ed entrare definitivamente in Romagna quando incontri motociclisti agguerriti, plotoni di ciclisti altrettanto agguerriti e vecchietti che giocano a carte nei tavolini dei bar lungo la provinciale. Loro sono i più agguerriti di tutti. Indirizziamo la barra verso Predappio e in un’ora di cammino siamo in questo paesino: una manciata di case e poco più. Se non fosse per i natali del Duce, per la cripta della famiglia Mussolini e i negozi di gadget del ventennio questo piccolo centro sarebbe anonimo come Santa Lucia, Santo Pietro in Bagno e qualche altro borghetto simile. Ma Predappio è Predappio. Non a caso è gemellato con ben due paesi, anzichè uno solo come da prassi. Perché un giornalista in vacanza , assolutamente non nostalgico, dovrebbe passare a Predappio? Perché pagare tre euro per vedere la mostra dei fumetti della propaganda fascista allestita nella casa natale del Duce? Perché recarsi in silenzio sulla tomba di Mussolini? Fondamentalmente per capire il motivo che fa di questo paesino un caso singolare di turismo ideologico. Ben cinque negozi di souvenir, due bar, un tabaccaio, un supermercato e un ristorante in meno di quattrocento metri. Tutte attività sul corso centrale vivono grazie al turismo mordi e fuggi che qui arriva, compra una maglietta della X Mas, fa una foto alla tomba di Benito Mussolini, ripassa un po’ di nomi e un po’ di date e magari scopre che Romano Mussolini, uno dei quattro figli del Duce, è stato uno dei jazzisti più apprezzati in Europa. Qui il sindaco è rosso, l’unico camerata rimasto è il titolare del negozio di souvenir “Mussolini.net”. I quattro commessi non sembrano convinti come lui. Potrebbero fingere per compiacerlo. Di questi tempi meglio tenersi stretto il lavoro. Simone e Annalisa invece vendono piadine, da poco hanno aperto un sito internet ( www.predappiopiada.com) e vorrebbero fare un salto a Roma. Il 90% degli affari è dovuto ai turisti qui di passaggio. Pecunia non olet. Simona ci racconta di quando un invasato tutto tatuato e puzzolente è entrato a petto nudo nel locale urlando e spaventando tutti. Per allontanarlo sono dovuti intervenire i carabinieri. Se la pecunia non olet le ascelle di un pazzo ubriaco devono puzzare eccome. “La metà di quelli che arrivano qui sono pischelli fanatici, poi ci sono i nostalgici, i curiosi e le persone ragionevoli”, ci spiega Annalisa. Ho suggerito loro di inserire nel menù la “piadina del camerata”, quella preferita il Duce: otto euro anziché tre. Se gli invasati sono così tanti non baderanno a spese. Se qualcuno torna a Predappio mi faccia sapere se Simone e Annalisa hanno colto l’invito. Io a Predappio non penso di tornare. Ho già dato. Un colpo di gas e si prende la via Emilia. Dritta come il tratto di strada che dalla Pontina conduce a Sabaudia. Intorno alla via Emilia tutto è piccolo. Le case sono piccole, le ferrovie sono piccole, i bar sono piccoli. Le uniche cose grandi: i seni delle romagnole dietro i banconi e le piadine. Non cito i centimetri cubici delle moto giapponesi incontrate sulla strada per non dare loro la soddisfazione della menzione. Sono pur sempre un harleista convinto e in vacanza. Un centinaio di chilometri dopo, un pieno (1,455 euro al litro), qualche curva e siamo sulle colline bolognesi a 5 km da Sasso Marconi. E io che pensavo esistessero solo in una canzone dei Lunapop e ci si potesse arrivare esclusivamente in Vespa. Lord Byron, uno che amava ripetere “squarciate il mio cuore ci troverete scritto Italy” così le descriveva “le numerose vette dell’Appennino presentano la singolare immagine di un oceano di montagne a ondate successive”. Cena a La Grotta ( www.lagrotta1918.it ) a base di ragù bolognese e San Giovese con una comitiva di Bolognesi doc . Si dorme al Le Mingarine( www.lemingarine.it) , bed and breakfast molto bello. Consglio una gita da queste parti.

Benvenuti a Predappio



Superpiadine romagnole



Io, Baby e Angelo mentre ceniamo a La Grotta

CITTA' DI CASTELLO DI MATTINA

Chiedo scusa se l'aggiornamento non è stato puntuale. Ma sui colli bolognesi internet è merce rara.

14 agosto ore 9:00

Pare che i trentacinquemila abitanti di Città di Castello ( “periferia inclusa” ci tiene a precisare Nadia, cuoca canadese trasferitasi qui per amore ) si ritrovino la mattina tutti nella piazza principale, dove, ci ha assicurato Luigi, si trova la migliore porchetta del mondo. In ogni paese del centro Italia si trova sempre la migliore porchetta del mondo. Poi dicono che non abbiamo primati. In attesa che da Bruxelles qualcuno decida quale sia la porchetta più buona del mondo registriamo una fila notevole per l’acquisto della suddetta carne di porco. Gli abitanti di Città di Castello non badano molto al look. Gli uomini indossano canotte che coprono le pance lievitate oltremodo, le donne anziane vestitini a pois di cotone introvabili in città. I bambini hanno i capelli ingelatinati e scarpe da ginnastica nuove e gli scooter non montano il parabrezza. L’ente del turismo locale si impegna ad organizzare eventi di ogni genere e sorta. Il guaio è che si impegna fin troppo. Il 21 agosto c’è la sagra della Pecora, a seguire arrivano le selezioni per Miss Sorriso, e ancora le serate Jazz. Per tutto il mese il calendario di eventi è ricco e culmina con la mostra delle statue di sabbia realizzate a mano da uno scultore del posto in soli 33 giorni. Così almeno recita il cartello sparso ad ogni angolo del paese. All’ingresso della mostra, 3 euro, l’ente de Turismo ha messo un omone da cento chili allergico al sorriso altrui. Gli manca una t shirt su cui scritto ” mangio i turisti a colazione”. Si rinuncia alla visita. In cambio scopriamo che qui i negozi hanno le insegne luminose viola, combattono il provincialismo dandosi nomi stranieri (Fashion) e che è possibile assaggiare le ciaccine, una specie di piadina umbroromagnola.




mercoledì 13 agosto 2008

DIARIO DI VIAGGIO SENZA META

Duecentoventiquattro chilometri. E' la distanza che separa piazza Ungheria (Roma), da Città di Castello (Perugia), borghetto medioevale al confine tra l'Umbria e l'Emilia Romagna e dove le indicazioni te le danno in un accento umbroromagnolo. Prima tappa di un viaggio che ancora non so dove ci porterà. Come tutte le cose che capitano per caso, per caso si è deciso di fermarci qui la prima notte, per caso si è chiesto una indicazione a due passanti per un trattoria e per caso ci è stata indicata, con l'accento umbroromagnolo, la trattoria "Il Feudo". La gestisce Luigi, accento un pò romano, un pò pugliese e un pò canadese insieme alla moglie Nadia: accento italocanadese. Il bello delle cose non organizzate è che capitano cose che sembrano organizzate dalla migliore agenzia di viaggi, di quelle, per intenderci, che fanno sembrare tutto vero. Anche quando non lo è. Ma qui di agenzie nemmeno l'ombra. Meglio così. Ora, quando arrivi in un piccolo borgo verso le undici di sera e il benvenuto te lo danno una sequenza di serrande chiuse e quattro vecchiette sedute su una panchina del Corso ( ovviamente deserto), il massimo che puoi sperare di trovare il bar della piazza con qualche tramezzino della mattina ben incartato nel cellophane. Il bello dei piccoli borghi italiani è che puoi trovare Luigi e Nadia ancora aperti tutti intenti a dialogare con il Ministro del Turismo norvegese estasiato mentre sorseggia un Nebbiolo del 2005. Sarà questa promiscuità negli accenti ma la cucina de Il Feudo ha riservato ricche soddisfazioni. Cucina umbra con contaminazioni di ogni latitudine. Quando poi l'antipasto inizia con peperone cotto nell'acqua demineralizzata, con cappello di formaggio caprino, miele di acacia, condito con un olio di seconda spremitura aromatizzato all'arancio e pepe nero di Enna capisci che sei capitato bene. Più che una cena è stata una lezione di enogastronomia. Luigi, che ha vissuto in Australia, Nuova Zelanda, Canada e Stati Uniti, vorrebbe raccontarti tutta la sua vita. Ma la cena dura troppo poco per zippare tutto in due ore scarse e così il racconto termina sulla cucina creola. Una cena del genere poteva terminare in modo normale? Decisamente no. Luigi non resiste e chiede di fare un giro sulla mia moto, perchè a lui, come a me, il rombo dell'Harley Davidson piace e manco poco. A Nadia, moglie paziente dai capelli neri e dai polpacci bianchi, non resta che rincasare a piedi. Stessa sorte tocca a Daniela. Io ho assaggiato dei peperoni che digerirò tranquillamente,Luigi ha fatto finalmente un giro sulla moto dei suoi sogni e Nadia ha indicato a Daniela dove vendono la migliore porhetta del mondo. Scusate se è poco.


TRATTORIA IL FEUDO - VIA XI SETTEMBRE 26 CITTA' DI CASTELLO 075 8522958



LUIGI MENTRE PREPARA IL DOLCE ( YOGURT CRISTALLIZATO A STRATI CON PESCHE SCIROPPATE E SALSA DI VINO COTTO CON FOGLIE DI ALLORO, PEPE, CORIANDOLO E PORTO)



(PEPERONE SQUISITISSIMO)

mercoledì 6 agosto 2008

CHIUSO PER FERIE



CI SI VEDE A SETTEMBRE.... BUONE VACANZE A TUTTI I NAVIGANTI

venerdì 1 agosto 2008

RISPOSTA A KONIGLIO

Caro koniglio, la tua è una giusta osservazione. Il nome del blog rimarrà lo stesso, mi impegno invece ad affrontare argomenti diversi. Ma la radice del blog rimane fondamentalmente politica e quindi che ci sia un approfondimento sulla materia appare fisiologico... e per alcuni, concorco, noioso. Prometto di diversficare la "lotta", un pò verso walterino e molta contro la noia!