sabato 30 agosto 2008

DIVINA COMMEDIA IN PILLOLE




Un pò di Divina Commedia male non fa. Pronunciare qualche frase a tavola, magari a cena con alcuni amici e\o colleghi, rende sempre fichi. Parafrasando Cristian De Sica in " compagni di scuola", può LETTERALMENTE "svoltare le risate". Allora ecco qua un pò di info su un passo poco conosciuto de L'Inferno. Sia chiara una cosa: nessun intento professorale. Ma un pò di sana divulgazione, quella si.

"Pape Satàn, pape Satàn aleppe" è un verso scritto da Dante Alighieri a inizio del Canto VII dell'Inferno.

Il verso è pronunciato da Pluto, che Dante pone come guardiano del Quarto Cerchio, e recita:

« «Pape Satàn, pape Satàn aleppe!»,

cominciò Pluto con la voce chioccia;
e quel savio gentil, che tutto seppe,

disse per confortarmi: «Non ti noccia
la tua paura; ché, poder ch'elli abbia,


non ci torrà lo scender questa roccia.» »
(Dante Alighieri, Divina Commedia - Inferno, VII, vv. 1-6)

Il verso, composto di sole tre parole, è celebre per il suo scandito ritmo di metrica, che gli dà il tono di un'invocazione a Satana (l'unica parola riconoscibile). Secondo alcuni critici si tratta di un'espressione inventata, ma secondo altri ha elementi etimologicamente riconoscibili.

Dalle scarne informazioni di Dante sappiamo che:

Virgilio lo capisce (quel savio gentil, che tutto seppe);
Che è solo l'inizio di qualcos'altro (cominciò Pluto...);
Che è un'espressione di rabbia ("Taci, maledetto lupo! / consuma dentro te con la tua rabbia.");
Che ha un effetto di minaccia verso Dante ("Non ti noccia / la tua paura; ché, poder ch'elli abbia / non ci torrà lo scender questa roccia").
La parola Satàn ripetuta ben due volte e la parola Pape che assomiglia a un imperativo latino (sebbene non esista alcune verbo riconducibile) fa pensare a una preghiera o a un'invocazione del maligno contro gli intrusi (tanto che Virgilio ripete, leggermente variata, l'espressione "vuolsi così colà..." ).

Dante probabilmente intendeva dare un senso, seppure oscuro, alle parole demoniache mettendo almeno qualcosa di riconoscibile (Satàn), ma lasciando quell'indeterminatezza minacciosa, dove chiunque potesse immaginarvi il significato che più lo spaventasse. Questo è un espediente usato ancora oggi, per esempio nel cinema horror, dove una scena non mostrata esplicitamente, ma solo fatta immaginare allo spettatore tramite allusioni, può risultare più spaventosa di una girata nei minimi dettagli.


Possibili spiegazioni [modifica]
Pape (o papè) potrebbe essere una resa del termine latino papae, greco παπαί papaí, un'interiezione di stupore o di stizza, attestata negli autori antichi (come il nostro Accidenti!)[1].
Aleppe potrebbe derivare da alef, la "A" dell'alfabeto ebraico (già alep in quello fenicio, che divenne alfa in quello greco). La deformazione fonetica di alef in aleppe sarebbe analoga a quella del nome Yosef in Giuseppe. In ebraico alef significherebbe anche "numero uno", ovvero "il principio che contiene il tutto" e ciò corrisponderebbe a un attributo della maestà di Dio. Nel tardo medioevo un'espressione del genere sarebbe stata in uso interezione (come oddio!)[1].
Quindi la frase sarebbe, assieme all'interpretazione di altri esegeti, un miscuglio di latino (papae, genitivo di papa), greco (satan, col significato di "avversario") ed ebraico (aleph o alef prima lettera dell'alfabeto ebraico) e significherebbe "Primo nemico del papa".
Domenico Guerri, che fece una accurata ricerca nei glossari medievali nel 1908[2], le interpretò come "Oh Satana, oh Satana Dio", intese come un'invocazione contro i viaggiatori.
Abbūd Abū Rāshid, primo traduttore arabo della Divina Commedia (Tripoli, 1930 - 1933), interpretò questi versi come una traslazione fonetica di una parlata araba, e li tradusse come Bāb al-shaytān. Bāb al-shaytān. Ahlibu ("La porta di Satana. La porta di Satana. Proseguite nella discesa"). Si osserva che, secondo alcuni studiosi islamici, Dante avrebbe tratto alcune ispirazioni da fonti islamiche arabe.[3] Egli infatti non disprezzava il mondo musulmano a priori: se relegava Maometto tra i dannati, egli nominò però ben tre musulmani tra gli Spiriti magni del Limbo: Saladino, Avicenna e Averroè. I dubbi di questa interpretazione nascono però dal significato accondiscendente che non è in linea con quanto suggerito nella narrazione circostante. Si osserva che comunque Dante non conosceva l'arabo e forse voleva solo ricreare la suggestione di quella lingua ascoltata; si è d'altra parte ipotizzato anche che Brunetto Latini, suo amico, possa averlo avvicinato ad elementi della cultura islamica, da lui conosciuta durante gli anni vissuti ad Oviedo nelle Asturie.
Potrebbe essere una frase senza senso, pronunciata con l'intento di confondere i deboli (in questo caso Virgilio e Dante, che l'ascoltano) così come le frasi in latino dette da presunti "dotti" per impressionare il pubblico.
Esiste anche una teoria, poco accreditata ma senz'altro interessante per capire la varietà di suggestioni che queste parole hanno suscitato negli studiosi, che interpreta le parole come una traslitterazione dal francese: "Pas paix Satan, pas paix Satan, à l'épée" ("Niente pace Satana, niente pace Satana, alla spada"). Un'altra interpretazione dal francese è "Paix, paix, Satan, paix, paix, Satan, allez, paix" ("Pace, pace, Satana, pace, pace, Satana, andiamo, pace")[1].

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