mercoledì 29 ottobre 2008

W I DECRETI LEGGE E VI SPIEGO PURE PERCHE'

Afferma Italo Bocchino, vicepresidente vicario dei deputati del Pdl: “la competitività di una democrazia sta nella velocità con cui si prendono le decisioni”. Domanda dalla risposta scontata: quanto è vitale la nostra democrazia se approvare una legge in media ci vogliono più di trecento giorni? Colpa del bicameralismo perfetto, il sistema che da stessi poteri a Camera e Senato, che allunga le procedure e ingolfa l'iter legislativo. Ogni disegno di legge deve passare prima nell'aula di Montecitorio e poi in quella di Palazzo Madama, ad ogni piccola modifica o correzione il giro si deve ripetere.
I tempi lumaca sono figli di questo sistema, che appare ogni giorno più anacronistico, obsoleto e incapace di guardare avanti, ai mutamenti in atto in ogni sfera e gradino della società. Si tratta di un handicap strutturale del Parlamento, quasi genetico, dettato dalla necessità di limare il potere di esecuzione del Governo attraverso il filtro parlamentare. Ma la realtà cambia, la società pone quesiti che richiedono risposte più veloci e la politica annaspa, infangata tra i rivoli delle aule. In questo fase storica i decreti diventano “un antidoto all’incertezza dei tempi di approvazione delle leggi”, come sostiene Maurizio Gasparri, presidente dei senatori Pdl. Il Governo non vuole sminuire il ruolo del Parlamento a suon di decreti, tantomeno scavalcarlo. Ma se i novecento quarantacinque parlamentari italiani , senatori a vita compresi, per approvare una legge impiegano in media più dieci mesi appare normale che, in materie urgenti, il decreto legge sia l’iter migliore da percorrere. Pensate alla situazione napoletana. Senza quel decreto legge ad hoc la città partenopea sarebbe ancora sommersa dai rifiuti. Potenza del “dl”. L’unica decisione da prendere che ha la data di scadenza. Sessanta giorni, tempo utile per convertirlo in legge. Non uno di più. Basta affacciarsi alla finestra, accostare le congiunture con gli accadimenti, per rendersi conto di come mai come adesso servano risposte veloci. Il mondo domanda ma la politica non risponde o se lo fa pare balbettare.
Ma se l’uomo non vive di solo pane, un esecutivo non può vivere di soli decreti legge. “I decreti legge sono i sintomi e non le cause del malessere. Il vero malessere sono i tempi di decisione del parlamento e del potere che il governo ha per influirvi” sostiene Elio Vito, ministro per i rapporti con il parlamento. Intervenuto anche lui al convegno organizzato dai gruppi parlamentari del Pdl sulla riforma dei regolamenti parlamentari. Nessuno vuole ripetere l’esperienza della XIII legislatura (1996 - 2001) quando per una legge urgente relativa al personale scolastico vennero impiegati più di mille giorni (1026 per essere precisi). Le Camere lavorano, da lunedì a venerdì, tra aula e commissioni, quindi non è certo responsabilità dei singoli senatori o dei singoli deputati se il processo è lento. E’ la piattaforma sulla quale svolgono il loro lavoro che necessita di un restyling. Non potendo esagerare con i voti di fiducia , rimangono due strade. La prima, le forze politiche tutte cominciano a lavorare per apportare modifiche alla costituzione; la seconda, si procede verso una riforma dei regolamenti parlamentari. L’attuale tensione tra maggioranza e opposizione spinge quindi verso la seconda opzione.
Le proposte già ci sono, sia per la Camera che per il Senato. La strada insomma è tracciata. “Con questi lavori su riforma dei regolamenti e decretazione d'urgenza abbiamo voluto rispondere a un invito del Presidente Napolitano e a un'esigenza oggettiva del nostro sistema politico”, le parole di Gaetano Quagliariello, vicepresidente vicario dei senatori PdL, “Dobbiamo ricordarci che la semplificazione del quadro politico e l'avvio delle pratiche di una democrazia decidente sono per ora legate unicamente a una duplice decisione politica assunta autonomamente, al tempo delle ultime elezioni, dall'attuale capo del governo e dall'attuale capo dell'opposizione. Ma le decisioni, se non si istituzionalizzano, sono sempre reversibili”. L’obiettivo per il senatore azzurro è quello di convocare già entro la prossima settimana al Senato la Giunta per il Regolamento. Sia chiara una cosa, rafforzare il governo non vuol dire smontare le due camere. Per il ministro Vito è vero il contrario, “solo confrontandosi con un governo forte, nelle sue attribuzioni istituzionali, può essere esaltata la centralità del parlamento, diretta espressione della sovranità popolare”.
Le modifiche ai regolamenti devono andare nella direzione atta a garantire la realizzazione del programma elettorale. Non dimenticandosi dell’opposizione, destinandole un vero e proprio statuto, per valorizzarne il ruolo istituzionale, trattandolo come un “Governo potenziale in attesa”, rafforzandone la ufficialità del suo leader e dei suoi ministri ombra.
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1 commento:

Unknown ha detto...

“la competitività di una democrazia sta nella velocità con cui si prendono le decisioni”. Domanda dalla risposta scontata: quanto è vitale la nostra democrazia se approvare una legge in media ci vogliono più di trecento giorni?
Verissima l'affermazione e fondata la domanda. Tuttavia, e anche se è vero che il sistema è “anacronistico, obsoleto e incapace di guardare avanti, ai mutamenti in atto”, secondo me non esiste quella correlazione automatica tra l'una e l'altra che il tuo peraltro splendido articolo suggerisce. Ma non è proprio questo uno dei difetti della politica italiana, cioè ritenere che sia impossibile governare e prendere decisioni senza legiferare ? Come se al minimo soffio di vento le leggi e i decreti esistenti diventassero obsoleti ?
Ahimè, dove sono finiti i lunghi ed emozionanti dibattiti parlamentari su grandi idee della mia lontana giovinezza ?
Cordialmente,
Ziosilvestre