giovedì 15 gennaio 2009

ULTIME SUL PDL

Situazione aggiornata sul cammino del Popolo della Libertà. Presentatosi come cartello elettorale, frutto di una mera somma aritmetica di An, Forza Italia e i piccoli, e amalgamata dalla vulcanico collante Berlusconiano, registriamo dopo oltre un anno la sua mutazione in contenitore politico -elettorale. Un cambiamento naturale, avvenuto in maniera di certo non veloce ma pur sempre graduale, ma che, ad oggi, non lascia pienamente soddisfatte le intellighenzie dell’ala destra del Pdl, portatori loro, di cifre politiche caratterizzate da profonde radici politiche, le quali continuano a porsi a domande di non poco conto. Al momento mancano secondo loro i contenuti in chiave futura.

Il congresso fondativo del Pdl di fine Marzo dovrà essere il punto di partenza, non certo quello di arrivo. Gli interrogativi non mancano. E, guarda caso, vengono sollevati di continuo dalla componente aennina, perché in Forza Italia continua a regnare una certa tranquillità. In questo dibattito è significativo che nel magazine della fondazione Farefuturo sia apparso una riflessione di Alessandro Campi, intellettuale vicinissimo al presidente della Camera Gianfranco Fini, autore di articolo dal titolo eloquente, “Popolo della Libertà non possiamo accontentarci”. Spetta a loro in questo momento indossare i panni degli stimolatori portatori di quesiti importanti. E allora, si chiedono dalle colonne del pensatoio finiano, sarà mai il Pdl un partito “vero”? Ci sarà una reale democrazia interna o si prevede che a dettare la linea saranno sempre i pochissimi se non l’Uno? E poi sarà un partito leggero o no? E i militanti che ruolo avranno? Potranno le varie anime del partito confrontarsi tra di loro? Ci saranno congressi? Il Popolo della Libertà nasce per merito e grazie alla straordinaria e indiscussa leadership di Silvio Berlusconi, ma questo, nello sviluppo del Pdl, rischia di essere alla lunga un’arma a doppio taglio, perché una aggregazione del genere non durerebbe molto senza il suo naturale leader. Non sorprende quindi che siano proprio le strutture di Alleanza Nazionale a cercare le risposte attraverso incontri, convegni, dibattiti, presentazione di libri. Ma anche qui, qualche limite si intravede.

Il dibattito ruota sempre intorno alla fiamma, che, assicurano tutti, non si spegnerà e i suoi valori continueranno ad ardere dentro il Pdl. Non a caso domenica mattina la corrente di Alemanno si incontra in un cinema romano per parlare di tradizioni, valori, radici. Un altro argomento sul tavolo delle discussioni e sul quale ci si confronta è quello del “partito leggero”. Caratteristica questa che Berlusconi ha sempre preferito rispetto alla tradizionali strutture pesanti. “Ma il partito leggero cosa è?” si domanda An. Prendete il ministro della gioventù Giorgia Meloni, “se partito leggero vuol dire un partito agile e che aggreghi il più possibile bene, se per leggero intendiamo un partito che poi non debba esistere allora non ci siamo”. I

ntendiamoci, anche loro non hanno capito bene come funzionerà il Pdl. E si pongono domande sul futuro partendo da una constatazione: il Pdl non dovrà essere un partito modellato interamente dalla volontà di un solo uomo, nel quale non esiste dialettica interna e dove i gruppi dirigenti e i parlamentari sono cooptati dall’alto.
Insomma, il Pdl dovrà essere un partito per il leader e non più il partito del leader. Ma non c’è solo l’aspetto organizzativo. Ora il contenitore Pdl va riempito di contenuti. E i contenuti in politica si chiamano riferimenti ideali, cultura politica, ideologia. Anche da questo punto di vista il problema c’è: cosa sarà il Pdl? Un partito di ex democristiani, ex socialisti, ex comunisti, ex missini, ex repubblicani, ex radicali, ex liberali o saprà elaborare qualcosa di nuovo? Per fare questo ci vuole coraggio, cultura, idee chiare, confronto, studio. Insomma, saranno in grado gli uomini del Popolo della Libertà di generare una nuova cultura politica? “Liberalismo, identità nazionale, popolarismo, conservatorismo, sono termini che il Pdl deve fare suoi e coniugare in termini moderni”, sostiene Alessandro Campi, il che equivale a dire come il progetto del Pdl, superato il momento elettorale, sia per la costola finiana fallimentare.

Individuato il problema, ora le menti del centrodestra devono elaborare, pensare, studiare e proporre qualcosa in chiave post berlusconiana. Uscendo quindi dal fascio di luce del leader all’ombra della quale sono diventati grandi. I lavori sono in corso e certo i prossimi mesi saranno contraddistinti dai movimenti delle “correnti interne” al Popolo della Libertà e dal loro fisiologico confronto. Fini, Tremonti, Letta, lo stesso Alemanno che sta cercando un asse con la Cdu bavarese, Gianni Letta, Denis Verdini, Ignazio La Russa, Fabrizio Cicchitto, Gaetano Quagliariello. Saranno loro, con il contributo delle Fondazioni e dei pensatoi cresciuti e maturati in questi anni, a riempire e indirizzare il Pdl verso e ben oltre il congresso di Marzo.
C'è poi un piccolo giallo legato alla data fissata per il ventisette marzo. A via della Scrofa nessuno pare abbia ricevuto l'ufficializzazione dell'appuntamento.

Nelle prossime ore ci sarà un incontro tra Fini e Berlusconi durante il quale i due avranno senz'altro modo di guardarsi in faccia e chiarire molto cose. Non è un segreto che il Presidente della Camera sia rimasto deluso in questi mesi dell'atteggiamento tenuto da Berlusconi. Avrebbe Fini apprezzato che i due dessero vita ad una serie di incontri, anche informali, per fare di volta in volta il punto della situazione. Che Fini sia costretto ad alzare la voce contro un ministro del governo per farsi ricevere dal grande capo spiega molte cose.

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